Nestlè prova a ripulire la propria immagine tagliando i consumi d’acqua

[highlight]L’annuncio di Nestlè: riduzione del 40% dei consumi di acqua nelle fabbriche europee entro il 2020. Basterà a pulire un’immagine spesso criticata?[/highlight]

Domani, 22 marzo, si celebra il World Water Day, ovvero la giornata mondiale dell’acqua che, come ricorda Wikipedia, è stata istituita dall’Onu nel 1992.
Proprio in concomitanza di questa ricorrenza, il gruppo Nestlè ha annunciato di essersi posto l’ambizioso obiettivo di ridurre del 40% il consumo di acqua nei propri stabilimenti produttivi in Europa entro il 2020.
Nella nota della multinazionale di base svizzera si legge anche che Nestlè Italiana
[quote]ha già raggiunto importanti traguardi in questo senso: negli ultimi cinque anni ha ridotto del 29% i consumi idrici nei suoi processi produttivi[/quote]
e si sottolinea come tutti gli stabilimenti presenti nel nostro Paese hanno contribuito a raggiungere questo importante obiettivo, come ad esempio il sito produttivo di Benevento dove vengono prodotte le pizze surgelate a marchio Buitoni e le verdure surgelate a marchio La Valle degli Orti. Dal 2008 ad oggi, infatti, lo stabilimento campano ha ridotto il consumo di acqua del 20% in termini assoluti e del 37% in termini relativi per tonnellata di prodotto.
Una buona notizia, dunque, che servirà forse anche a risciacquare l’immagine della Nestlè. La compagnia è infatti da anni sotto accusa per la propria politica commerciale, tanto da portare alla nascita di un International Nestlè Boycott Committee (“Comitato internazionale per il boicottaggio della Nestlè”) di cui fanno parte, formalmente o informalmente, numerose associazioni analoghe in diversi Paesi del mondo, accomunate appunto dall’opposizione alla più grande azienda mondiale nel settore alimentare.
Tra i punti più critici va ricordato sicuramente quello che riguarda la promozione di latte per neonati nei Paesi in via di sviluppo. Secondo l’Unicef, la sostituzione dell’allattamento materno con il latte in polvere porterebbe alla morte di circa un milione e mezzo di bambini ogni anno nei Paesi del cosiddetto Terzo Mondo, a causa di problematiche legate alla difficoltà di sterilizzazione dell’acqua e dei biberon utilizzati. E nonostante l’International Code of Marketing of Breast-milk Substitutes, un regolamento internazionale sulla promozione di surrogati del latte materno, promosso dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), cui Nestlè ha aderito nel 1982, infrazioni ci sono state anche in seguito, portando nuova linfa alle campagne di boicottaggio.
Altra controversia è quella legata all’utilizzo di organismi geneticamente modificati, riscontrati da ricercatori di GreenPeace in una confezione di Nesquik.

Per la cronaca, nel novembre 2005 Nestlè si oppose alla decisione svizzera di bandire gli OGM.
Problemi anche in Italia, con la sezione nostrana dell’azienda che, insieme alla Tetrapak, è stata condannata nel 2009 al pagamento dei danni per l’inquinamento del latte per neonati Nidina con Itx, un tipo di inchiostro.
Che dire? Ben venga l’annuncio del taglio agli sprechi, ma Nestlè non può pensare che questo basti ad annacquare i ricordi legati alle altre questioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto