Intervista a Carlo Filippo Follis, un Disabile Doc

[highlight]Una chiacchierata senza retorica con un uomo che si definisce «“né carne né pesce”: troppo Disabile per non esserlo e troppo poco per esserlo»[/highlight]

Ci sono articoli che scrivo per piacere, altri per dovere, altri ancora per convenienza. A volte ne sono soddisfatto, altre volte meno.

Poi capita di conoscere una persona eccezionale e di fare qualcosa che mi rende orgoglioso, come questa intervista, che ti consiglio di leggere con calma, con attenzione, perché difficilmente sentirai parlare un Disabile della disabilità nel modo in cui lo fa Carlo Filippo Follis, ideatore del progetto Disabili Doc, un magazine dedicato a quello che lui chiama D-Mondo.

Ti avverto, l’intervista è lunga, commovente, a tratti molto cruda, ma profondamente vera, e merita di essere letta dall’inizio alla fine.

Iniziamo.

Iniziamo dalle domande difficili: chi sei e cosa fai nella vita?

Sono un uomo nato Disabile il 25 febbraio del 1963 durante i festeggiamenti carnevalizi di Ivrea, per un incauto uso del forcipe nacqui “estratto malamente” e con una lesione al cervelletto che provocò una Tetra Paresi Spastica. Come Disabile ho avuto la fortuna di nascere in un periodo in cui si guardava alla vita con occhio pratico e non ancora con occhio “politico-teorico”. Anche per questo ebbi la fortuna di trascorrere i primi 7 anni di studio presso l’Istituto Don Carlo Gnocchi di Milano. Lì venni educato al “culto del possibile”.

Tornai a Chivasso – Torino – per incominciare la terza media. Era incominciato il periodo dei “teorici folli” con la voglia di integrare i Disabili indiscriminatamente nelle varie scuole pubbliche destinate a “tutti”. Non accettai di vedere i miei genitori viaggiare su e giù fra Chivasso e Milano tutti i fine settimana e decisi di pretendere l’inserimento in una scuola di Chivasso: mi sarei anche inserito nel tessuto sociale della mia città senza giungervi sconvenientemente in età più adulta.
Passò quell’anno come passarono i 5 per giungere alla maturità scientifica. La scelta di frequentare Giurisprudenza fu costretta dall’impossibilità di frequentare ogni giorno ingegneria che era a frequenza obbligatoria.

Ognuno di noi ha delle attitudini e un destino. Lasciai Giurisprudenza per diventare un commerciante e coltivare la mia grande passione: il modellismo ferroviario. Da semplice rivenditore ad importatore e distributore in meno di due mesi per poi giungere ad avere prodotti esclusivi. Creai un marchio conosciuto nel mondo.

Nel 2009, dopo un periodo sabbatico, detti vita a Ideas & Business che sarebbe stata un incubatore di progetti. Nel 2014 nasce la prima testata online ossia ImprendiNews.com e il 16 febbraio di quest’anno seguì Disabili DOC.

Chi sono? Amo definirmi ironicamente “né carne né pesce”: troppo Disabile per non esserlo e troppo poco per esserlo.

[quote]Se con il 100% di disabilità ed una assoluta non auto sufficienza sono riuscito a realizzare tutto ciò che ho fatto, c’è da pensare che il Padreterno rendendomi Disabile abbia voluto limitare gli eventuali danni che avrei potuto creare come normodotato.[/quote]

In definitiva sono uno qualunque con tutte le voglie, le ambizioni, i desideri e le pulsioni di una una persona che – seppur nel proprio particolare essere – è sana.

Parlaci di Disabili DOC. Di cosa si tratta?

Disabili DOC è una testata editoriale nata dalla folle idea di creare una D-Voce. Disabili DOC dovrebbe diventare il “pensiero” di chi vive oggi la disabilità e una polizza culturale per tutti quelli che – in qualsiasi momento – potrebbero diventare membri del club: Disabilitè.

Nel concetto di “folle idea” vi è l’amara consapevolezza che la stragrande maggioranza dei Disabili non sono persone libere. Esprimono i concetti che fanno piacere all’associazione che li segue, ai genitori, al resto della famiglia etc.
Dipendere è vincolante. Il Disabile ha la stessa libertà che le Donne avevano decenni fa. Questa «D» in comune ha anche in comune delle “mosche bianche” che parlando di Donne ricordano esempi unici di un passato che migliorò mentre invece per i Disabili rappresentano la parte “visibile” di una D-Società che vive oggi.

Disabili DOC è la speranza di creare cultura – vera – non filtrata da chi “gestisce” i Disabili e calabra il tono dell’urlo convenientemente a non svegliare l’interesse comune se non in occasione della “tal giornata” commemorativa o celebrativa.

Disabili DOC è nato in un paese – l’Italia – in cui è stato possibile creare e celebrarne l’uso del termine «Diversamente Abili».

[quote]Abbiamo creato un falso linguistico per la necessità di affrancarci dal dover fare e agire. Il Disabile può tutto in base alla forma di disabilità e alle capacità residue ma non potrà mai fare diversamente ciò che non può.[/quote]

Nel mondo i Disabili sono Disabili. In Italia visto che sono «Diversamente Abili» non abbiamo tutto ciò che troviamo oltre confine: dagli ascensori nelle stazioni alle case chiuse – bordelli – dove vivere la realtà che non siamo angeli asessuati.

Sino a quando i Disabili non diventeranno protagonisti del loro futuro assisteremo a timidi tentativi di buonismo scevri di sapere specifico. Disabili DOC spera di diventare un aggregatore di menti brillanti in grado di ridisegnare la figura del Disabile.

Parlarti di Disabili DOC? Io l’ho fatto in forma riassunta, ora tocca a voi parlarne e far si che venga letto da subito e da tutti. Non c’è tema più contestuale al “tutto” della disabilità. Potete scegliere di non far uso di droghe, potete scegliere di non affiliarvi ad un clan mafioso, potete scegliere di non uccidere come potete tutelarvi su un’infinità di eventi. Purtroppo non potrete scegliere di non diventare Disabili o per una patologia che vi portate dietro o per un incidente o semplicemente per una vecchiaia più sfortunata di altre.

Nella presentazione del progetto Disabili Doc mi ha colpito molto quando definisci le persone disabili come “una delle più grandi industrie d’Italia”. Cosa intendevi dire?

Semplice: non c’è altra industria con un indotto pari a tutto ciò che gravità attorno al Disabile! Se sommiamo tutti i Disabili di ogni ordine e grado – transitori inclusi – otteniamo una cifra fluttuante fra i 2,7 e i 3,5 milioni di soggetti. Soggetti con una infinità di necessità legate a prodotti e servizi.

Il Disabile crea reddito per l’industria e per le libere professioni. Un esempio per tutti: le badanti.

Da fonte Wikipedia risulta che la FIAT – storicamente la più grande industria Italiana – arrivò ad avere 190.000 dipendenti. Negli anni ’90 il Dott. Roberto Bressanello allora Presidente dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare lanciò una provocazione per far emergere il peso del problema:

[quote]Se noi garantissimo un assistente per ogni Disabile grave – per tre turni di 8 ore – creeremmo 2,1 milioni di posti di lavoro.[/quote]

Il Disabile è la più grande industria italiana. Volendo ricordare con un’equazione uno dei paradossi di Zenone possiamo affermare che: «FIAT : sacco di riso = i Disabili : singolo chicco». La morale è: fin quando non ci aggregheremo per risolvere i nostri problemi non faremo rumore o, se preferite, sarà il fragore di un chicco di riso.

Vi sono Disabili che vivono per pagare degli stipendi e garantire solida continuità a molte aziende che, così, si affrancano dalla crisi perché le necessità del Disabile non vanno in recessione e non possono essere sospese a fronte di un benessere calante.

La storia è piena di persone che, anche se affette da una disabilità fisica o psichica, sono riuscite a cambiare il mondo, da Beethoven a Stephen Hawking. È forse solo una questione di atteggiamento e forza di volontà?

La differenza fra una persona “normale” e un Disabile si misura in «Capacità residue». Se con le mie capacità residue riesco a sviluppare una qualunque attività avrò compiuto qualcosa di grande, con un peso specifico decisamente superiore al pari fatto dal mio simile normodotato.
Attenzione, questo non perché il Disabile sia migliore ma semplicemente perché se il normodotato suda 1 camicia il Disabile – a parità d’azione – ne suda “N”.

Sul risultato c’è assoluta parità. Beethoven non è un compositore Disabile ma un grande compositore come Hawking è un grande scienziato al pari dei suoi colleghi normodotati.

Certo è d’obbligo essere positivi: se non abbiamo la consapevolezza di quanto valiamo difficilmente diventeremo qualcuno. Poi ancora, nel momento in cui ti accetti per ciò che sei molte domande non te le poni: vivi.

Quanto contano le tecnologie nella vita di un disabile?

Il rapporto con la tecnologia, come per tutto il resto, è correlato alla forma e alla gravità della disabilità. Il Disabile che agisce consapevolmente e che quindi è in grado di sfruttare il potenziale tecnologico del momento la tecnologia la vivrà come un’amica.

Personalmente credo – e ribadisco con forza – che il D-Mondo dovrebbe aumentare il suo protagonismo e far sentire la propria voce per essere co-protagonista di scelte strategiche. La tecnologia per essere amica non può solo essere “modaiola” ma si deve evolvere portando con se delle caratteristiche ad oggi incancellabili per un Disabile.

Stiamo vivendo l’epoca del touch e del wireless nonché l’eliminazione di molte porte destinate a periferiche. Se si vuole risparmiare sui pulsanti a tutto vantaggio dei costi di produzione e di una totale programmabilità allora dobbiamo prevedere nuove soluzioni di controllo remoto e/o tramite periferiche classiche.

Io sono un Disabile distonico, in altre parole un costante tremolio aggiunto ad altre cause porta a non controllare bene i movimenti. Io adoro i tablet ma, al momento, lo potrei usare come spessore da mettere sotto una delle gambe del tavolo che traballa.

Riesco a usare l’iPhone per le ridotte dimensioni che vanno d’accordo con la lunghezza del mio indice che, all’incirca, copre mezza diagonale e quindi ruotando all’abbisogna il device si raggiungono tutti i pixel del sistema touch.

Il Disabile non può essere soddisfatto in tutte le sue esigenze, questa è utopia. Può però illuminare ingegneri e centri di sviluppo per giungere a soluzioni FEP – For Every People – quindi a soluzioni convergenti su Mondo e D-Mondo.

Un ruolo fondamentale nella vita di un disabile è ricoperto dalle famiglie. Che consiglio ti senti di dare al genitore di un ragazzo disabile per evitare di farlo sentire “diverso”?

Non si nasce genitori ma lo si diventa, spesso improvvisando perché magari la gravidanza coglie la coppia impreparata. Un neonato ti sconvolge la vita a prescindere. Mamma e papà sanno che i pannolini farciti di pupù, le notti insonni, i rigurgiti sulla spalla e…hanno un timer. Un bel giorno il pupo sarà cresciuto tanto da andare al bagno in autonomia, dormirà sereno nella sua cameretta e …

In molti casi, non in tutti, i genitori di un figlio Disabile quel timer non lo sentiranno mai suonare. La forza della coppia unitamente all’intelligenza sarà la fortuna di quel figlio più originale di tutti gli altri. Se mamma e papà accetteranno il figlio questo avrà due supporter indefessi, amorevoli e votati a fargli vivere la vita al massimo delle sue potenzialità.

Se invece dovesse accadere l’opposto quel bimbo vivrà quotidianamente un crimine contro l’umanità, la sua. Ho conosciuto Disabili fuggiti di casa alla prima occasione ma con piaghe sul cuore che non cicatrizzeranno mai; Disabili che non hanno avuto l’amore della famiglia e che – quasi sempre – non ebbero quello dell’anima gemella.
Vivere tutta una vita senza la sensazione di essere amati è devastante. Molti anni fa un mio amico mi disse – ero ancora al Don Gnocchi e lui avrà avuto 8 o 9 anni più di me – scuotendo la testa: «Oggi sono andato a casa per l’ultima volta, non obbligherò più nessuno a sopportarmi. Se non fosse che peso più di un quintale e non riesco ad alzarmi da questa sedia la farei finita …»
Qualche mese dopo, una mattina, mi alzai ed il suo letto era disfatto, lui non c’era, lui non c’era più. La Distrofia esercitò per lui un libero arbitrio che essa stessa gli negò.

Non bisogna aiutare il Disabile a capire ma la famiglia. Il Don Gnocchi mi aiutò a crescere mandando spesso in lacrime i miei genitori. Certamente non capirono tutto e non furono perfetti ma se oggi rispondo alle tue domande è anche merito loro.

Ti lascio con una provocazione: perché un disabile dovrebbe sforzarsi di lavorare invece di vivere da pensionato?

«Io pur di lavorare pagherei!» (Carlo Sassone, scomparso per Atassia). Facciamo un esercizio mentale tutti insieme.

Tornate agli anni dello studio e pensate che forse li avete vissuti in funzione di un futuro. Cosa c’è nel futuro di tutti se non una vita lavorativa, una famiglia e dei figli che però sono seguenti a una certa stabilità.

Siete giunti alla ricerca del lavoro, conoscete molte persone. Siete soggetti attivi, apprezzati oppure no ma vivete nel mondo alla ricerca della vostra collocazione. Trovate lavoro. Uauh, anni di fatiche che quotidianamente celebrate con le vostre azioni. Caffè bevuti con i colleghi o con chi lavora per voi, guai e soddisfazioni. Stanchezza, frenesia, sudore e voglia di quella doccia che vi aspetta a casa dopo esservi bagnati con le luci della città sulla via del ritorno e con dei «Ciao» ricevuti e lanciati alle persone incrociate per strada.
Siete a casa, vi aprono, un sorriso vi accoglie mentre la doccia vi attende. Poi una cena e … Poi squilla la sveglia ed è nuovamente ora e inconsapevoli esclamate: «Che palle!».

Un giorno però vi svegliate e siete Disabili. Pensionati con una manciata di euro al mese, qualcuno vi porta in bagno, fate la cacca, andate poi a far colazione e vi vestite per poi tirarvi in un divano o poltrona. Computer e TV vi aiutano ad ammazzare il tempo. Pranzo, una dormitina TV, cena, TV e a dormire certi che l’indomani sarà un giorno come oggi e ieri.
Tutto ciò che dipende dal lavoro non l’avrete ma vi mancherà anche il mondo che dovrete accontentarvi di vedere da una finestra. Però potrete vivere da pensionati e sentirvi accarezzati dal pietismo di chi invece è obbligato a lavorare e invidia la vostra condizione privilegiata di persone “agli arresti domiciliari” anche se il fatto non sussiste o, meglio, può non essere dipeso da voi.

Provate a rivivere una vostra giornata lavorativa e cancellate da questa ideale “pellicola” ogni scena, ogni azione correlata all’impegno lavorativo, molti di voi dovranno anche cancellare il partner conosciuto sul posto di lavoro e gli eventuali figli giunti da quest’unione.
Nel vostro immaginario non inserite uscite o divertimenti vari se non per poche sere al mese (potendo). Divertirsi costa e bisogna avere degli amici con cui farlo. Non dimenticate di risparmiare su pensione e assegno di accompagnamento perché in assenza di famigliari che si dedicano a voi dovrete pagare lo stipendio a chi vi veste, vi da da mangiare i vi pulisce il popò perché quel timer di cui si parlò prima rimase muto.

C’è però qualcosa di ancora peggiore nel non lavorare: che sia poco o tanto il vostro valore resterà quello di un handicappato che il mondo culturalmente evoluto chiamerà «Diversamente Abile» per farvi sentire migliori mentre voi dovreste semplicemente essere dei Disabili che fanno il massimo per vivere e non sopravvivere.

Grazie Carlo. In bocca lupo per tutto, di cuore!

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