I problemi di Napoli ai raggi X

[highlight]Napule è… mille problemi! Sì, ma quali? Dai trasporti pubblici alla povertà criminalizzata e sfruttata passando per la questione delle strade dissestate e quella del lavoro giovanile.[/highlight]

Qualche volta, collegandovi ad internet, provate a digitare nella barra di ricerca – anziché “Facebook” (quello ormai non lo scrive più nessuno, abbiamo tutti l’app sullo smatphone) – qualcosa di diverso, del tipo: “I problemi di Napoli”.

Il risultato? Retorica, tanta; qualche povera anima che si chiede – e chiede – quali siano sull’onnipresente “Yahoo Answers”; e un’interessante iniziativa promossa dal Comitato Diritti Essenziali che risale all’inizio dello scorso anno.

Il progetto porta il nome di “Calendario sociale napoletano” e ha l’intento di immortalare, letteralmente, i problemi della città partenopea, almeno quelli più evidenti. Si tratta di un calendario che fotografa dodici problematiche di Napoli per portarle direttamente all’attenzione del sindaco Luigi De Magistris.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=iOLbfagi6Z8[/youtube]

Ma quali sono “i veri grandi eventi del vivere quotidiano” (così li definì allora la portavoce del comitato Titti Forte nell’annessa “preghiera al Sindaco”) che affliggono i napoletani nella loro quotidianità?Ma soprattutto, come vanno le cose a più di un anno di distanza dalla pubblicazione di questo calendario di denuncia?

Ecco, sintetizzate, alcune delle problematiche più evidenti che si concentrano nella città di Napoli, ma anche – e forse maggiormente – in provincia e nei comuni limitrofi.

La seguente è un’analisi sommaria riguarda alcune delle tematiche più superficiali, quelle che forse sono sotto gli occhi di tutti. Per ora, questo è ciò che raccontano – tra 2014 e inizio 2015 – gli aridi numeri, la fredda statistica che, sicuramente, non parlerà quanto gli occhi della gente, ma può comunque aiutare a rendere l’idea della situazione.

[highlight]LEGGI ANCHE: Napoli in difesa dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza[/highlight]

1. Liberare gli spazi

Un dato risalente al 2010 racconta Napoli come una delle città più “verdi” d’Italia. Tra il 2004 e il 2010, infatti, il capoluogo campano ha sempre oscillato tra i 25 e i 30 m(2), tanto rispetto a Milano ad esempio (circa 15 m2), ma meno di Matera e Lodi, le città più “verdi” in assoluto della penisola. Tuttavia, Napoli resta sulla scia dei capoluoghi per quanto riguarda gli spazi verdi (in media 30,3 m2 per abitante) e in particolare del Mezzogiorno che registra una media più alta rispetto a quella nazionale.
Attualmente, Napoli conta più di 3 milioni di metri quadri di verde per un totale di 52 parchi, tra urbani, di quartiere e storici (qui la mappa vista dal satellite).

Leggendo queste cifre, è facile che il pensiero voli alla Villa Comunale di Piazza Vittoria o al Parco Virgiliano, al Parco Viviani, al famosissimo Bosco di Capodimonte (l’area più vasta). Ma anche la Villa Floridiana al Vomero – a pochi passi dalla stazione della Funicolare – e il Parco dei Camaldoli a Chiaiano.

Tuttavia, questa è solo la punta di un iceberg abbastanza verde che si regge sulle semi-sconosciute aree presenti in periferia. Basti pensare che l’area più “verde” di Napoli è rappresentata dalla Municipalità VI, la quale conta ben 10 parchi verdi tra Barra, San Giovanni a Teduccio e Ponticelli.

Quanto siano sfruttate a dovere queste aree, spesso quasi da invidiare, è tutto da vedere…

2. Povertà criminalizzata e sfruttata

Discostandosi dalla questione dell’immigrazione, tanto di moda soprattutto per la propaganda di taluni partiti e che coinvolge l’Italia intera, a Napoli la percentuale di cittadini stranieri è abbastanza elevata.

Tra chi è nato in Italia e chi è nato all’estero, la provincia di Napoli è passata dall’ospitare l’1.7% di stranieri nel 2005 al 3.8% nel 2012. Il dato nasconde una crescita, ovvia e impossibile da smentire, di immigrati clandestini sulle cui condizioni di vita si sprecano servizi giornalistici e pagine di libri e opuscoli.

Per rendersi conto concretamente della situazione è sufficiente un giro a Piazza Garibaldi, nel cuore di Napoli, o una passeggiata a Via Marina, di fronte al porto. Si tratta di un’ampia minoranza (si perdoni l’ossimoro), spesso sfruttata e/o criminalizzata.

E il numero di immigrati cresce in maniera quasi disarmante se ci si allontana da Napoli. Si va dalle altissime percentuali di Terzigno (8.3%) e Palma Campania (8%, quest’ultima – girata superficialmente – può persino apparire come una “colonia” del Bangladesh) al basso tasso di comuni come Arzano e San Giorgio a Cremano (rispettivamente zona Nord e zona Est di Napoli, che registrano entrambe lo 0.7% di stranieri, soprattutto ucraini).
Discorso diverso, ma ugualmente importante per le isole: Ischia nel 2012 contava il 4.5% di cittadini stranieri, Procida il 2.1% e Capri il 9.7%, provenienti soprattutto da Sri Lanka, Ucraina e Romania.

3. Lavoro giovanile

Disoccupazione-piaga-sociale. Sono questi tre termini che vanno da sempre a braccetto, quasi a costituire un solo lemma che presto potrà persino aspirare ad entrare a far parte dello Zanichelli. Anche perché i tempi non sembrano essere propensi a separare in maniera decisa queste tre parole, anzi. Negli ultimi anni soprattutto se ne è aggiunta un’altra, che rende la questione ancor più agghiacciante: tra disoccupazione e piaga, spesso si trova l’aggettivo giovanile.

Nel Mezzogiorno – e Napoli non fa eccezione – il numero di giovani senza lavoro è da record, anche più che nel resto d’Italia.

Nel primo semestre del 2014 le cifre parlavano chiaro: il paese registrava il tasso di disoccupazione più alto di sempre (13.6% per un totale di 3.487.000 disoccupati). Ancor più allarmante i dati concernenti la disoccupazione giovanile: il 46% dei giovani tra i 15 e i 24 anni, infatti, era senza lavoro, altro record!
Al Sud le percentuali aumentavano: 21.7% di disoccupati e 60.9% di giovani facenti parte della stessa fascia d’età sopracitata in cerca di un’occupazione.

La lieve ripresa degli ultimi mesi ha fatto leggermente calare queste cifre che, comunque sia, a livello nazionale e a livello locale restano sempre troppo alte.

Nel frattempo, già da qualche anno, sono nati progetti che si mettono a disposizione proprio dei giovani che cercano un’occupazione. Tra questi, il più noto è “Garanzia Giovani” che riserva un occhio di riguarda ai cosiddetti NEET, una nuova categoria figlia della crisi che stiamo vivendo. Si tratta dei “Giovani non occupati e non in istruzione e formazione” (NEET è l’acronimo dell’inglese “Not engaged in Education, Employment or Training”).

I “bamboccioni”, direbbe qualcuno. Quelli che vivono ancora con mamma e papà che, ad oggi, costituiscono il 20% della popolazione italiana.

Gli stessi che magari, per poter contare qualche spiccio nelle proprie tasche – a Napoli come in tantissimi altri posti d’Italia – si vedono costretti anche a lavorare “a nero” o ad accettare le più svariate tipologie di contratto che hanno fatto parlare persino al papa (sabato mattina a Scampia) di “schiavitù”.

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=IBSdzj7Xmnw[/youtube]

4. Educare al senso civico

L’educazione civica è una disciplina scolastica dal 1958, diventata obbligatoria su proposta di Aldo Moro che volle inserire due ore mensili affidate ai professori di storia e geografia. Dall’anno scolastico 2010/2011 la disciplina ha preso il nome di “Cittadinanza e costituzione” ma, a parte qualche piccola variazione, non è cambiato molto rispetto alla materia introdotta da Moro a fine anni Cinquanta.

Tra le cose che non sono cambiate figura la mancanza di valutazione a fine semestre. Per fortuna! Diranno alcuni studenti di Napoli e dintorni. Ma non solo. Perché il senso civico è qualcosa che necessita davvero di un insegnamento, che parta soprattutto dalle famiglie ed interessi poi la scuola e altri ambienti. Dal ripulire le strade dalle feci del proprio cane al classico “non gettare i rifiuti per strada” o non “calpestare le aiuole”, il senso civico è qualcosa di strettamente individuale anche se riguarda tutta la comunità. E non è un caso che, nella stessa Napoli, di quartiere in quartiere, di zona in zona, le condizioni di vita e di autogestione del territorio varino in maniera anche molto vistosa.

Questi sono soltanto alcuni dei punti fondamentali, che approfondiremo di volta in volta, a cui se ne accompagnano altri come: il recupero della memoria artigiana, la tutela dell’infanzia, la protezione del patrimonio architettonico e la condizione di strade e mezzi pubblici. Altre questioni spinose che disturbano – o animano, per non farla tragica – la vita di tutti i giorni a Napoli e nelle zone limitrofe.

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