L’Italia va verso un nuovo governo tecnico?

[highlight]Tra gli scenari del post-referendum spunta quello di un governo tecnico?[/highlight]

Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ormai lo dice a chiare lettere: se vince il No al referendum non solo resterà “la Casta”, ma potrebbero tornare gli “inciuci” o gli esecutivi alla Monti, “subalterni all’Europa”.

Ma che cos’è un governo tecnico e perché potrebbe portare qualche grattacapo al nostro Paese? E, soprattutto, c’è il rischio che un governo tecnico succeda a quello guidato da Renzi?

Cosa dice la Costituzione

La costituzione italiana stabilisce la forma di governo parlamentare, quindi il governo dipende ed è sostenuto dalla maggioranza parlamentare. Nel sistema italiano solitamente si ha la formazione di governi politici: dopo che i cittadini hanno eletto i propri rappresentanti in Parlamento, è il Presidente della Repubblica, dopo una consultazione con il Presidente della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, a nominare Il presidente del Consiglio e susseguentemente, su consiglio di quest’ultimo, il consiglio dei ministri, la maggioranza sostiene il governo con li voto di fiducia.

Quando il sistema dei partiti non riesce a formulare un governo funzionante ci si affida ad un cosiddetto “governo tecnico”, in questo caso i problemi del paese vengono risolti sotto un punto di vista “scientifico”, quindi vengono chiamate a svolgere questo ruolo persone non legate alla politica, ma dotate di competenze tecniche a fine esclusivo di svolgere le funzioni amministrative in attesa di un “chiarimento della situazione politica”.

Quanto può durare un governo tecnico?

Il governo tecnico è appoggiato dalle forze politiche in una situazione di “emergenza”, è un governo di transizione destinato a durare per un breve periodo di tempo: in Italia abbiamo già sentito parlare di governi tecnici e negli ultimi due decenni hanno svolto un ruolo importante per la politica italiana, attuando riforme e risollevando il paese da situazioni istituzionali ed economiche difficili.

Secondo la carta costituzionale della repubblica italiana in presenza di governi tecnici non si ha un indebolimento della democrazia: infatti il parlamento deve comunque essere rinnovato ogni 5 anni, a prescindere che sia nominato politicamente (con le elezioni) o meno. Tradizionalmente, però, il governo tecnico ha rappresentato una scelta di emergenza, destinata a durare poco, rimanendo sempre un accordo “forzato”.

Talvolta si possono realizzare dei cosiddetti “governi di scopo”, cioè destinati a gestire solo un’emergenza o ad approvare una legge (come la legge elettorale) per poi sciogliersi una volta raggiunto il compromesso.

I governi tecnici nella storia recente

Il nostro Paese ha visto succedersi diversi governi di questo tipo, nella storia recente.

Il primo governo definito “tecnico” fu il  Governo Dini, cinquantaduesimo governo della Repubblica Italiana, interamente composto di personalità scelte al di fuori della politica attiva durato dal 1995 al 1996.

Si parla anche di governo tecnico riferendosi al Governo Ciampi, in carica dal 1993 al 2006: fu infatti il primo governo nella storia della repubblica italiana ad essere amministrato da un personaggio non proveniente da un partito politico.

L’ultimo governo tecnico che, almeno per ora, ha guidato il nostro Paese è stato il Governo Monti che fu chiamato a Palazzo Chigi nel novembre 2011, a seguito della crisi del Governo Berlusconi e degli effetti della congiuntura economica.

Chi si oppone a un governo tecnico

A opporsi a una scelta tecnica sono più o meno tutti i partiti, dal Movimento 5 Stelle allo stesso PD, che agitano questo scenario come un rischio per la democrazia del Paese.

Curiosamente, proprio uno dei deputati del governo Monti fu l’ Onorevole Stefano Dambruoso che dichiara oggi di non credere che l’Italia si troverà ad affrontare una situazione di governo tecnico.

Secondo il deputato di Civivi e Innovatori è giusto andare verso un governo politico, seguendo le richieste che vengono dalla politica estera, con una garanzia di crescita economica graduale e una dimostrazione di stabilità che diano credibilità al nostro paese.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto