I giovani del Sud vanno sempre meno all’Università

[highlight]Il grande divario esistente tra Nord e Sud si esplicita, anche, nel rapporto tra iscritti e laureati delle varie Università italiane.[/highlight]

Un divario sempre più vistoso, come recenti dati mettono in mostra, che mette in evidenza quanto incida la situazione economica e sociale anche nelle scelte, che le famiglie e i giovani del Mezzogiorno, fanno sull’investimento in formazione.

Il calo sostanziale delle immatricolazioni nelle Università del Mezzogiorno, unitamente alla bassa qualità, come è certificato da indagini accurate, dei nostri Atenei, sono un fenomeno da non sottovalutare, soprattutto se si vuole capire dove va la società meridionale.

Il Mezzogiorno, da sempre, ha trovato nella formazione superiore la soluzione per il problema del lavoro, soprattutto nella pubblica amministrazione che, fino a qualche anno fa, assorbiva la maggior parte dei giovani laureati meridionali. Con l’entrata in crisi di una certa politica, con l’esigenza della pubblica amministrazione di ridurre i costi, le opportunità di lavoro, sia con concorsi che con assunzioni dirette, si sono ridotte drasticamente.

Di conseguenza i giovani, anche per altri motivi, e le famiglie, ritengono che non valga la pena di spendere denaro e tempo per frequentare l’università. O se scelta viene fatta, soprattutto nelle famiglie con più possibilità economiche, vista anche la riduzione delle borse di studio, l’Università che viene scelta è da Roma in su, come le stesse indagini richiamate dimostrano.

La sfiducia che pervade il Paese nel suo complesso, da qualche anno a questa parte, ha prodotto una crisi di identità nelle giovani generazioni meridionali, e una difficoltà a vedere nell’Università o, nella formazione tout court, la soluzione per avere più opportunità di lavoro.

A mio avviso è un grossolano errore che si commette. Anzitutto perché lo studio e la formazione, soprattutto in una società così veloce nelle trasformazioni, sono ancora più necessarie del passato. Le competenze trasversali sono il valore aggiunto da mettere in campo se ci si vuole candidare in un mondo del lavoro così articolato. E, poi, perché non tutti studiano allo stesso modo e, quindi, generalizzare diventa improduttivo. I nuovi saperi, unitamente a spiccate doti di comunicazione e di relazione possono offrire a giovani concrete opportunità di lavoro.

Basta crederci e saper cercare le opportunità, che pur ci sono in giro. Ma questo è un altro problema dei giovani che leggono e si informano poco.

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