Strage a Lampedusa. Piangere non servirà a niente

[highlight]Dopo la strage dei migranti a Lampedusa, il premier Enrico Letta dichiara oggi Lutto Nazionale. Ma piangere non servirà a niente finché non verrà abolita la Bossi-Fini e non si recupererà un minimo di senso della solidarietà [/highlight]


Gli italiani amano i melodrammi, si sa. Guardare storie drammatiche in tv è il passatempo preferito degli abitanti della penisola, che si commuovono facilmente, ma solo fino alla successiva interruzione pubblicitaria.

Come quando a ora di cena vengono trasmessi gli spot delle ONG attive in Africa, che mostrano bambini denutriti e malati; tutti a fissare quelle immagini, commossi, indignati, ma solo per trenta secondi, perché appena le immagini cambiano, si riprende a mangiare amabilmente come se non esistesse più il problema.

Oggi l’Italia piange i 111 corpi ritrovati dei migranti vittime del tragico naufragio di ieri davanti a Lampedusa – molte sono donne e bambini – che nel viaggio della speranza hanno trovato la morte, il dolore, l’angoscia in quella che è stata definita “la più grande tragedia dell’immigrazione per numero di vittime recuperate”.

Il Governo ha indetto per oggi il lutto nazionale, nello stesso Paese che ha introdotto il reato di clandestinità, come se il semplice fatto di essere straniero rappresentasse una colpa, un’onta, un peccato da espiare.

La legge Bossi-Fini prevede che l’espulsione dello straniero sia immediatamente eseguita con l’accompagnamento alla frontiera da parte della forza pubblica. Gli immigrati clandestini, privi di validi documenti di identità, vengono portati in centri di permanenza temporanea al fine di essere identificati. La legge prevede, inoltre, il rilascio del permesso di soggiorno solo alle persone che dimostrino di avere un lavoro per il loro mantenimento economico.

In poche parole, se vieni in Italia con la speranza di fuggire da miseria, guerre civili e povertà, vieni rispedito a casa perché non hai un lavoro. È paradossale, come quando da un giovane che si propone come apprendista si pretende l’esperienza.

È avvilente constatare come un popolo che, primo fra tutti in Europa, è emigrato in Paesi più sviluppati con il sogno di una vita migliore, sia così incapace di accogliere quelli che, oggi, cercano di fare lo stesso.

Allontanare i barconi è un atto di viltà e vigliaccheria indegno di un Paese civile, moderno e sviluppato come si suppone sia l’Italia. È vergognoso vedere centinaia di persone che, in condizioni estreme, cercano di raggiungere le nostre coste, senza ricevere sostegno dalle forze dell’ordine e dalle autorità.

Invece di lavorare per impedire lo sbarco, le nazioni coinvolti dovrebbe esser in costante aggiornamento, in modo tale  che, quando un barcone lascia le coste del Paese di origine, le autorità italiane possano andare a portare sostegno a quelle persone che, ammassate, infreddolite e disidratate, attendono di raggiungere le coste di Lampedusa.

Se si compiesse questo gesto di umanità, chiamiamola istituzionale, forse queste tragedie potrebbero essere evitate. Non si può solo recuperare i corpi dei morti e mostrare a tutti quanto si è generosi, buoni e altruisti.

Quando una persona è in difficoltà non conta il colore della pelle, la provenienza o il passaporto; quella persona va aiutata.

Se anche ad un condannato a morte si concede un ultimo desiderio, indipendentemente dalla gravità delle sue azioni, perché non si fa lo stesso con delle persone disperate che cercano una via d’uscita?

Piangere non serve a niente. Dopo un po’ le lacrime si seccano, i morti invece restano. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto