Il referendum costituzionale del 4 dicembre

[highlight]Cosa si voterà e quali sono le ragioni del sì e del no?[/highlight]

Il 4 dicembre si voterà in tutta Italia per il referendum costituzionale: con un Si o No gli italiani sono chiamati ad esprimere il proprio voto a favore o contro la riforma del Senato, detta anche riforma Renzi-Boschi, contenuta nella legge costituzionale approvata dal Parlamento il 12 aprile 2016 che prevede «disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione».
La riforma è già stata approvata dal nostro Parlamento, ma potrà entrare in vigore solo se il risultato del referendum sarà positivo. Per il referendum costituzionale non è previsto il raggiungimento del quorum, dunque la votazione sarà valida a prescindere da quanti italiani andranno alle urne.

Referendum Costituzionale e Referendum Abrogativo

A differenza dei referendum sui quali ci siamo trovati a votare recentemente, nel referendum costituzionale o confermativo riguarda esclusivamente le leggi di revisione costituzionale o le leggi costituzionali.
Se una legge di modifica costituzionale non è approvata da entrambi i rami del parlamento con la maggioranza dei due terzi non entra subito in vigore, ma può essere sottoposta a referendum popolare confermativo entro 3 mesi dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Si ricorre al referendum abrogativo, invece, per deliberare l’abrogazione parziale o totale di una legge, se essa è richiesta da cinquecentomila elettori oppure da cinque consigli regionali. La proposta di referendum abrogativo è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.

Le ragioni per il No

La riforma di cui è oggetto il provvedimento risulta essere molto complessa e le persone indecise e i dibattiti  sono molti.

Molte sono state le contestazioni sulla poca comprensibilità della riforma, sulla lunghezza e sugli errori presenti, che non rappresentano solo un problema di contenuto ma un problema di chiarezza e stabilità.

Si parla, infatti, del rischio di scivolare verso un governo “autocratico”: il governo avrà la facoltà di richiedere al Parlamento una “via preferenziale” per l’approvazione delle leggi necessarie per il compimento del proprio programma.

Si ha la paura di tornare al passato, con la riforma Titolo V che è sicuramente uno degli aspetti più controversi e difficili da comprendere, poiché vengono ridefinite diverse competenze prima esclusive delle Regione che, post-riforma, tornerebbero in mano allo Stato.

Anche se non è collegato strettamente alla costituzione, fra i sostenitori del No c’è chi vorrebbe far cadere il governo Renzi, con il rischio di aprire la strada a forme di governo tecnico.

Le ragioni per il Si

Il nostro parlamento è formato da due camere, la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica che rivestono gli stessi poteri e possono reciprocamente rallentare l’esito del processo legislativo: votando sì al referendum, invece, il Senato passerebbe da 315 eletti direttamente dai cittadini, a 100 rappresentati eletti in maniera indiretta, con responsabilità limitate rispetto ad oggi.

L’obiettivo dichiarato dal Governo è quello di trasformare il Senato in una “Camera delle Regioni”, garantire più potere alla Camera dei Deputati e quindi cercare di velocizzare il procedimento legislativo.

La riforma prevede, inoltre, l’abolizione Consiglio Nazionale dell’Economia del Lavoro (CNEL) risparmiando quindi soldi pubblici.

Agli elettori verrebbe comunque garantito il diritto di intervenire nel processo legislativo, attraverso le “leggi di iniziativa popolare”.

Un terzo tipo di referendum

Attualmente la costituzione prevede solo due tipi di referendum: quello costituzionale e quello abrogativo, ma esiste un terzo tipo di referendum, il referendum di indirizzo, applicato solo due volte nella storia della Repubblica Italiana: nel 1946 per scegliere tra monarchia e repubblica e nel 1989  per la trasformazione della Comunità Europea in Unione europea, ma non essendo presente nella Costituzione  è stato possibile attuarlo solo con una legge specifica, e quella di trasformare il referendum di indirizzo in un referendum “regolare” è una delle più importanti novità alla riforma attuale.

Il governo non viene compromesso dalla riforma, soltanto dal punto di vista della fiducia il governo dovrà ottenerla solo dalla camera e non da tutti i rami del parlamento.

Secondo i sostenitori del Sì, un risultato positivo al referendum porterebbe più efficienza e più democrazia.

A sostenere il Sì, tra gli altri, è anche l’Onorevole Stefano Dambruoso che proprio ieri sera, al Circolo The Beach Club di Milano, ha incontrato molti elettori dichiarando: «La riforma costituzionale rappresenta di sicuro uno stimolo alla crescita del nostro Paese. Infatti, il superamento dell’ormai anacronistico bicameralismo paritario consentirà una più rapida approvazione delle leggi e quindi un miglior governo del Paese.»

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