Crisi Lazio: la sindrome da Champions colpisce ancora

[highlight]La Lazio di Pioli è solo l’ultima vittima di un “morbo Champions” che ha già colpito Fiorentina, Milan e Napoli, tra le altre…[/highlight]

Postumi da Champions, verrebbe da dire. La Lazio di Stefano Pioli non è più quella dell’anno scorso, e questo è ormai un inconfutabile dato di fatto. A dirlo sono i numeri, troppo al di sotto delle aspettative, ottenuti da una delle squadre più attese ai nastri di partenza della nuova stagione dopo l’exploit inatteso dello scorso anno. L’ultima annata fu praticamente perfetta per gli uomini di Pioli, capaci di conquistare la qualificazione ai preliminari di Champions League a discapito del superfavorito Napoli di Benitez. Nello scontro diretto dell’ultima giornata, il gol di Onazi fu decisivo nel 2-4 finale del San Paolo, che valse alla Lazio il terzo posto e a Benitez la fine della sua avventura sulla panchina del Napoli.

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Se quello fu un risultato molto al di sopra delle aspettative (la Lazio partiva naturalmente con lo sfavore dei pronostici, non solo rispetto al Napoli, ma anche di fronte a Fiorentina, Inter e Milan), quanto sta fuoriuscendo dalle prestazioni dei biancocelesti in questo primo scorcio di stagione è altrettanto al di sotto delle aspettative. Ripetersi era impresa quasi impossibile, ma oggi i tifosi della Lazio devono far fronte ad una situazione quasi disastrosa della loro squadra. Non solo per quel che racconta la classifica. La Lazio, dopo l’ultima sconfitta contro la Juventus, è al dodicesimo posto con 19 punti, 16 dei quali ottenuti in casa (dove “Le Aquile” hanno comunque subito due cocenti sconfitte, contro Milan e appunto Juve). Il vero problema, però, è rappresentato dalle trasferte. Lontano dall’Olimpico, gli uomini di Pioli hanno rimediato ben 6 sconfitte riuscendo a vincere soltanto in un’occasione, in casa dell’Hellas Verona. Felipe Anderson, Klose e Keita – i veri trascinatori dell’impresa dello scorso campionato – faticano ad ingranare e anche il colpo del mercato estivo, Alessandro Matri, dopo un inizio promettente, è ancora fermo a 2 gol in Serie A, tartassato da numerosi problemi fisici. Ad aggravare maggiormente la situazione, ci si mettono poi le questione di spogliatoio che, in questi casi, non mancano mai: secondo molte voci il tecnico biancoceleste non sta vivendo un periodo felice con un alcuni big del gruppo, tra cui Antonio Candreva, idolo e icona per i tifosi della Lazio negli ultimi anni.

Ma la squadra capitolina non è la prima a vivere una situazione del genere in Italia. È da qualche stagione, infatti, che le società che riescono ad ottenere il diritto a giocare i tanto agognati play-off di Champions League, nella stagione successiva trovano immense difficoltà, in coppa come in campionato.

Fiorentina (2008-2009)

Il triste trend ha avuto inizio nella stagione 2008-2009, con l’ottima Fiorentina di Cesare Prandelli. Si tratta di una squadra molto diversa da quella attuale allenata da Paulo Sousa che sta attirando ugualmente complimenti e plausi. Allora il Franchi di Firenze si godeva i voli di Sebastian Frey tra i pali e i gol del rumeno Adrian Mutu che, con le sue 17 realizzazioni, contribuisce in maniera decisiva al conseguimento del quarto posto finale.

E in effetti i viola riescono a sorprendere anche a livello continentale l’anno successivo, superando lo Sporting Lisbona ai preliminari vincendo un girone molto ostico, con Lione, Liverpool e Debrecen. Storica la vittoria per 2-1 ad Anfield contro i Reds, ingiusta l’eliminazione agli ottavi contro il Bayern Monaco, futuro finalista. Tuttavia, in campionato la situazione è totalmente diversa: la Fiorentina arriva undicesima non ottenendo quindi la qualificazione a nessuna coppa europea.

Sampdoria (2009-2010)

Il caso più clamoroso di “sindrome da Champions” è quello della Sampdoria. Nella stagione 2009-2010 i blucerchiati, allenati da Gigi Del Neri e trascinati dalla fantastica coppia Cassano-Pazzini, si piazzano al quarto posto, vincendo la resistenza del Palermo, staccato di due punti a fine torneo. Il centravanti bergamasco gioca una delle sue stagioni più belle in assoluto, realizzando ben 19 gol e sfruttando al massimo la vena creativa del rinato Fantantonio.

Ma è proprio con la Samp che l’Italia comincia a perdere pericolosamente punti nella classifica Uefa del coefficiente europeo. I liguri, ora affidati a Di Carlo, non riescono a superare il Werder Brema ai preliminari. La netta sconfitta per 3-1 rimediata in terra tedesca condanna Cassano e compagni, a cui a nulla serve l’indimenticabile rimonta casalinga: il Werder perde 3-2 dopo i tempi supplementari, ma vola comunque alla fase a gironi di Champions.

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La delusione europea si fa sentire per tutto l’anno nella testa e nelle gambe dei giocatori blucerchiati. A gennaio Cassano litiga con Garrone che lo cede al Milan, futuro Campione d’Italia, e la Samp procede inesorabilmente verso il baratro. A fine campionato la stessa squadra che qualche mese prima aveva ottenuto la qualificazione Champions, è terzultima e retrocede in serie B tra le lacrime di capitan Palombo sotto la curva.

Udinese (2010-2011 e 2011-2012)

Mentre la Samp scende, l’Udinese sale. Per un biennio i friulani (e soprattutto Guidolin) hanno vissuto una vera e propria ossessione Champions. Nel 2010-2011 i bianconeri superano proprio la Lazio nel duello per il quarto posto. Le due compagini arrivano a pari punti al traguardo, ma lo scontro diretto vinto 2-1 dall’Udinese al Friuli decide le sorti della qualificazione Champions in favore della squadra di Guidolin. È l’anno d’oro di Totò Di Natale, capocannoniere della Serie A con 28 gol e i bianconeri giocano un calcio che appassiona, forti dei vari Handanovic, Benatia, Asamoah, Inler e Sanchez, per citarne solo alcuni.

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Nel sorteggio del preliminare di Champions, però, Di Natale e compagni sono sfortunati. L’Udinese, che intanto ha ceduto alcuni dei suoi pezzi pregiati (attirando su di sé molte critiche) pesca l’Arsenal di Wenger. L’eliminazione sembra scontata, ma i Gunners devono comunque sudarsela.

Rispetto alle altre vittime del “morbo da Champions”, la società di Pozzo dimostra di avere anticorpi molto più forti. Deluso ma non scoraggiato dall’eliminazione ai play-off, Guidolin riesce a ricompattare la squadra. Il campionato 2011-2012 prevede un cambiamento epocale per la Serie A: lo scarso rendimento delle squadre in Europa e le nuove regole Uefa riducono il numero delle partecipanti alla Champions da quattro a tre. Poco male. L’Udinese, trascinata ancora una volta da capitan Di Natale – autore di 23 reti – si piazza terza, alle spalle di Juventus e Milan che divorano il campionato. Ancora una volta, l’avversaria sconfitta si chiama Lazio, ma ora la distanza in classifica è di due punti.

È proprio in seguito a questo grande risultato, però, che inizia la decadenza bianconera. L’urna di Nyon è più clemente: ai play-off c’è lo Sporting Braga, squadra portoghese considerata alla portata dei friulani. L’andata in terra lusitana termina in parità, 1-1. Al ritorno, però, l’Udinese non fa altro che bissare il risultato della settimana precedente. La qualificazione si decide ai calci di rigore e lo sciagurato Maicosuel spreca gli sforzi di una stagione con un cucchiaio maldestro che manda il Braga in Champions e i suoi in Europa League. È un colpo duro, soprattutto per il tecnico Guidolin che in conferenza stampa si lascia andare ad un deprimente sfogo, anticamera della deludente stagione bianconera (chiusa al quinto posto in campionato, a meno 6 dal Milan terzo).

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Milan (2012-2013)

Quella da Champions, è solo una delle sindromi che ha colpito il Milan degli ultimi anni, forse la meno grave. L’ultima volta che i rossoneri riuscirono a qualificarsi in quello che era “il nostro regno” (per dirla alla Galliani) risale alla stagione 2012-2013, quando in panchina sedeva ancora Massimiliano Allegri. L’attuale tecnico della Juve riesce nell’impresa disperata di tenere insieme una squadra demolita dagli addii dei grandi fuoriclasse (Seedorf, Nesta, Inzaghi, Gattuso, Zambrotta) e dalle clamorose cessioni di Ibrahimovic e Thiago Silva al Psg. Con Zapata e Mexes in difesa e il miglior Balotelli di sempre (Supermario arrivò a gennaio dal Manchester City), il Milan riesce a raggiungere e superare la Fiorentina di Vincenzo Montella portando a termine un’impresa quasi impossibile e concludendo il campionato al terzo posto, con i viola staccati di soli due punti in virtù del gol vittoria che Mexes segna all’ultimo secondo dell’ultima giornata, in casa del retrocesso Siena.

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Per valore e prestigio internazionale, il cammino del Milan nella Champions conquistata nella stagione precedente risulta più agevole rispetto a quello di Sampdoria e Udinese. Eliminato agevolmente il Psv Eindhoven ai play-off, i rossoneri riescono a superare anche la fase a gironi, piazzandosi alle spalle dei marziani del Barcellona e davanti ad Ajax e Celtic.

Ma il motore di Balotelli si è già inceppato, la squadra non è compatta come l’anno precedente e il ritorno di Kakà non basta ad entusiasmare l’ambiente. A gennaio Allegri viene esonerato da Berlusconi (e da Berardi a Sassuolo). Al suo posto Seedorf, che limita i danni come può, ma non riesce a raggiungere l’Europa League, neanche in seguito al caso Parma. In Europa ci va il Torino di Ventura. Il Milan è già dentro il periodo più buio della sua storia recente.

Napoli (2013-2014)

Oggi il Napoli va a mille, o quasi. Ma l’era Benitez, tirando le somme a posteriori, non è stata molto positiva. Il terzo posto ottenuto nel 2013-2014 non garantisce agli azzurri la partecipazione alla Champions. Anzi. Tra Higuain e la fase a gironi ci si mette, di prepotenza, l’Athletic Bilbao. I partenopei ottengono un deludente 1-1 al San Paolo e addirittura crollano (3-1) al San Mamés. L’Athletic passa, il Pipita piange. In campionato Benitez non riesce ad ottenere nulla di più del quinto posto, messo in ginocchio dallo scontro diretto del San Paolo contro la Lazio di Pioli. Il 2-4 con cui i biancocelesti si impongono a Napoli è solo il risultato ultimo che fotografa una stagione in cui gli azzurri potevano e dovevano ottenere molto di più.

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