Reali Apparenze. Intervista a Vincenzo Peluso

[highlight] Dopo aver scoperto il suo libro, proviamo a conoscere meglio lo scrittore di Reali Apparenze [/highlight]

In “Reali apparenze” vengono messe in luce le innumerevoli ipocrisie che circondano quotidianamente l’uomo. È il mondo delle apparenze che il professor Solenghi, protagonista della storia, prova a smascherare, anche se poi sembra rinunciarvi. Una domanda, infatti, presente nel libro, e che ora rivolgo a te, rimane senza risposta: quando l’apparenza diventa realtà quali effetti può produrre?

Può scardinare il modo naturale di comportarsi tra gli uomini. Diventa, ad un tratto, molto pericoloso e può produrre effetti catastrofici, come accade in piazza o in chiesa. Solenghi dapprima la considera una semplice reazione ma poi diventa quasi un gusto per il protagonista scardinare le pareti dell’apparenza per poi rimetterle in sesto.

Ti sei mai sentito come il professor Solenghi, in preda al bisogno di varcare i confini del perbenismo e di dire la verità piuttosto che tacere?

Sinceramente ho avuto qualche momento di riflessione profonda su questa dicotomia ma non ho mai avuto il coraggio, come Solenghi, di provare questa sensazione in prima persona anche perché non posso negare che la quantità di realtà assoluta in giro è elevata ma sempre oscurata dalle forma apparenti.

Quanto di autobiografico c’è nella vicenda narrata di un professore precario e del suo metodo di insegnamento critico e fuori dagli schemi tradizionali?

Tanto. Ogni volta che entro in classe cerco di trasmettere questo ai miei alunni. Lungi dall’affermare una mia flessibilità in materia d impegno e dedizione allo studio. Il mio è un tentativo di far capire agli altri che si può insegnare provando amore per la propria materia e l’obiettivo è unico: trasmettere questo amore a tutti. Purtroppo ancora oggi regna nella scuola il lassismo e l’atteggiamento elitario.

Che valore ha la cultura, in particolare quella umanistico-letteraria, spesso attualmente screditata, nella vita di un uomo?

Ha un enorme valore conoscitivo ma soprattutto riflessivo. Il problema spesso è che i docenti partono loro dal presupposto che la materia umanistica ingloba un concetto tendenzialmente astratto, utile soltanto al rafforzamento linguistico del discente. Non capiscono che anche un semplice concetto di Svevo, Pirandello, Moravia può cambiare la politica, la filosofia, la vita di un adolescente e spesso può anche correggerla.

Nel testo è costante il riferimento ai giovani, soprattutto in relazione all’uso smodato che fanno della tecnologia. Quali effetti produce il progresso tecnologico sulle nuove generazioni?

Il progresso tecnologico viene preso in considerazione nel testo per evidenziare un passaggio molto importante: il cambiamento psicologico e sociale dei rapporti umani. Dopo aver constatato l’appiattimento conoscitivo si aggiunge la ricerca di momenti in cui il dibattito sociale sui problemi della vita, sulle questioni di crescita individuali, vengono offuscate da operazioni tecnologiche che, pur essendo di grande utilità, rafforzano il distacco tra realtà ed apparenza.

In un contesto di dissoluzione dei valori, da te spesse volte denunciata, e di assoluta precarietà nel lavoro e nei sentimenti quale messaggio lanceresti ai giovani?

Non credo che lanciare messaggi di perbenismo o terapeutici possa giovare e arrivare al punto cruciale dei problemi. Mi sento solo di raccontare ai lettori che si può invertire la tendenza dei comportamenti provando a ragionare in profondità. Bisogna farlo in modo da combattere quotidianamente per raggiungere traguardi importanti, per evitare di crollare nella mediocrità e farne un motivo di esistenza, anche originale. Mi rivolgo soprattutto a chi agisce solo per il gusto di accontentare.

Ti sei cimentato, per il momento, nella stesura di un romanzo breve e di un saggio breve; sembra di scorgere un unico filo conduttore che lega i due testi. “Ho sonno” come “Reali apparenze” propugnano una vera e propria filosofia di vita? Manifestano l’intenzione di proporre un modo alternativo di vivere e affrontare i problemi della vita quotidiana?

Può essere. Il mio però è solo un modo di raccontare le vicende in forma sintetica, efficace e riflessiva. Questo perché, a mio parere, non tutti sono convinti che le persone oggi si allontanano dalla lettura per paura di rincorrere in una mole spaventosa di pagine da dover digerire a malincuore. Tutti quelli che hanno letto i due libri, in particolar modo Reali apparenze, mi hanno stupito per la celerità di apprendimento e per la volontà che hanno avuto nel terminare la lettura in brevissimo tempo.

Quanto e come la figura di Totò ha ispirato il tuo esordio nel mondo della scrittura?

Tantissimo, a tal punto da intraprendere l’esordio nel mondo dell’editoria con grande consapevolezza per il solo gusto di omaggiare il Principe. Mi viene in mente la mia prima proposta editoriale che ricevetti nel 2010 e che rifiutai perché non mi sentivo pronto a trasmettere ai lettori un messaggio particolarmente significativo. Totò dunque nel 2014 ha rappresentato per me la svolta e il tentativo di raccontare un mondo nuovo, dettato da nuove regole ma sempre dominato da insidie di varia natura.

C’è un terzo libro in programma? Magari incentrato sugli stessi temi dei precedenti?

Ho intenzione, questa volta, di concentrarmi su un lavoro molto più complicato ed insidioso. Il tema sarà sempre sarcastico – riflessivo anche se il personaggio, questa volta, avrà un compito diverso: evitare gli ostacoli e lasciare che gli altri lo possano comprendere da soli. Per adesso è solo una piacevole idea. 

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