Chi sono i Millennials e come stanno cambiando il mondo del lavoro

[highlight]Alla scoperta della Generazione Y e delle difficoltà di emergere in un mondo del lavoro sempre più chiuso e in crisi.[/highlight]

Le ricerche sociologiche ci hanno sempre abituato a dare definizioni alle generazioni passate e a quei giovani che hanno poi segnato le diverse epoche.

Si è passati dalla Great generation degli anni 20, alla Generazione silente degli anni delle guerre, dai Baby boomers degli anni ’50-’60, alla Generazione X dei ’60-’80 per arrivare poi alla Generazione Y.

Questa è la generazione che viene definita anche Net Generation, Generation Next o anche Millennial Generation.

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I Millennials

Sono gli appartenenti alla generazione nata tra l’inizio degli anni ’80 e il 2000, nel periodo del boom digitale e della rivoluzione online di internet. Vivono sempre connessi e non possono fare a meno di avere un computer.

Il termine “Millennials” è stato utilizzato per la prima volta nel 1987 dagli studiosi William Strauss e Neil Howe, mentre la definizione Generazione Y è stata utilizzata per la prima volta nel 1993 dal magazine statunitense AdAge.

Nativi digitali

Sono gli anni dei computer a casa e di internet, passato dai modem a 56k alla banda larga. I figli di questa generazione hanno tutti un’elevata familiarità con l’utilizzo delle tecnologie digitali e i mezzi di comunicazione online.

L’evoluzione di questi strumenti e la diffusione dei servizi di internet mobile hanno causato un effetto moltiplicatore. Infatti, la posta elettronica, gli SMS e i servizi di messaggistica in rete hanno provocato la moltiplicazione dei sistemi di comunicazione, diffondendo sempre più fonti di informazione con un costante interscambio culturale globale.

Buona parte della vita dei Millennials è online, non si disconnette mai, vive sui social network e sul web da cui è fortemente influenzata. Proprio il web è la fonte maggiore di ricerca delle informazioni.

I social media sono parte integrante dello sviluppo personale con la tecnologia e l’interattività  concepite come una possibilità di influire sulla realtà circostante. I feedback online diventano poi fondamentali e capaci di veicolare opinioni e azioni, come per esempio, orientando gli acquisti online sulla base delle opinioni dei precedenti acquirenti.

Si crea un rapporto di fidelizzazione con la community di appartenza e ci si tende a fidare sempre meno degli “esperti” tradizionali.

I nativi della Generazione Y non potrebbero vivere lontani dalla rete e dal proprio computer, senza un telefono cellulare o ascoltando musica in un lettore mp3 e non riuscirebbero a ignorare i messaggi ricevuti tramite i servizi di messaggistica istantanea.

Generazione Y

L’estrazione sociale è diversa rispetto a quelle precedenti. I millennials sono cresciuti in famiglie accudenti, non autoritarie e positive, vivono a lungo in casa con mamma e papà che prendono come eroi e modelli da cui trarre esempio.
Hanno la convinzione di essere la generazione dal potenziale per migliorare il mondo e sono cresciuti nell’ottimismo e nella mentalità di poter ottenere tutto e subito.

Sono impazienti e abituati a veder soddisfatti i propri bisogni instantaneamente e sono convinti di avere una marcia in più, capace di cambiare i sistemi di potere e le istituzioni, vista la decadenza in cui vertono i governi, la sanità e la scuola in tutti i Paesi.

Superpower generation

I millennials sono riformatori guidati dalla fiducia e dalla convinzione che le gerarchie possano essere scalate oltre ogni classica convenzione lavorativa.

Credono di essere in grado di insegnare ai propri superiori la creatività, l’innovazione e l’intraprendenza, nella convinzione che siano parte del loro dna e che sia il segreto per salvare il mondo dalla crisi.

Sono convinti che la conoscenza e il talento diventeranno sempre più importanti perché la partecipazione non può ignorare l’importanza del saper fare e della professionalità.

Il mondo del lavoro

Anche i rapporti di lavoro con le precedenti generazioni sono diversi ma i millennials non cercano la rivoluzione, in questo, sono  molto diversi dalle generazioni precedenti.

Anche il lavoro è fortemente influenzato dalla continua interconnessione e sempre più spesso i lavoratori sono autorizzati a utilizzare i propri dispositivi, come smartphone e laptop, nel luogo di lavoro per favorire la creatività stabilendo così un rapporto di fiducia.

L’ambiente principe è quello delle start up in cui creatività e autonomia possono essere funzionali al raggiungimento degli obiettivi.

Infatti, liberali per vocazione, quelli della generazione Y  sono alla ricerca di continui e di dare sfogo alla loro creatività, preferendo l’autonomia operativa alle regole procedurali standard.

Anche la concezione delle pause lavorative è cambiata, ogni momento è buono per restare connessi, tra messaggi su Whatsapp a conoscenti e amici o intervalli per riprendere una partita a Cold Crush Saga o un salto sui social network.

Il linguaggio informale del web è anch’esso entrato nel mondo del lavoro, con i social network che hanno sostituito le pagine ufficiali delle aziende e i messaggi informali (a volte con emoticon e faccine)  le note ufficiali.

La fiducia tradita

Riuscirà il mondo del lavoro a non tradire un’intera generazione? Gli anni di crisi stanno mettendo alla prova le più ottimistiche visioni e la fiducia di un’intera generazione basata sul valore della libertà dalla rilevanza unificante.

In Italia questo aspetto di crisi si fa sempre più rilevante.

Il forte legame affettivo con le generazioni precedenti non produce il rischio di una rivoluzione, ma può portare alla disillusione nei confronti del mondo del lavoro chiuso a causa dell’impossibilità di partecipare a cambiare le regole del gioco che sembrano ormai truccate.

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Anni di corruzione, malapolitica e difficoltà hanno causato grandi difficoltà di emergere  e questo non può che acuire il senso di straniamento. Alla fiducia nel futuro si contrappone il rischio che la fiducia dell’intera generazione venga tradita.

La crisi produce anche questo,  dopo tanti anni di ottimismo nei confronti del futuro c’è il rischio che una generazione lasci a quella successiva un mondo peggiore con meno speranza.

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