Gomorra – La serie e le polemiche sterili su buoni e cattivi

Gomorra la serie

[highlight]Finale aperto per la serie targata Sky, ma il pubblico reclama a gran voce una seconda stagione.[/highlight]

L’esplosione di un colpo di pistola, un rumore assordante che presagisce un omicidio, che va ad aggiungersi a quelli precedenti. Si è concluso così il finale di stagione di Gomorra – La serie, che ha fatto tanto discutere per la sua crudezza e per la sua rappresentazione di un male che non può essere sconfitto. Ambientata tra le strade di Napoli, la serie ha raccontato la rivalità tra due clan camorristici, quello dei Savastano e di Salvatore Conte, che ha un epilogo tutt’altro che piacevole.

La morte di chi non ti aspetti.

Ciro Di Marzio, che inizialmente ricopriva il ruolo di braccio destro del boss, è riuscito ad imporsi con le unghie e con i denti e a trovarsi a combattere faccia a faccia contro il suo amico Genny, figlio di Pietro Savastano. Dopo aver distrutto quasi tutto ciò che rimaneva del suo clan e dopo essersi alleato con Salvatore Conte, il personaggio di Ciro diviene un male che non può essere né combattuto né vinto in ogni modo, d’altronde c’è una ragione se viene chiamato “Immortale”. La guerra che ci si aspettava tra le due famiglie rivali in realtà si è scatenata tra membri della stessa famiglia con un esito spaventoso. Tutto inizia dalla morte di Donna Imma, moglie di Pietro Savastano, che aveva preso le direttive del clan, dopo aver scoperto il piano di Ciro e le sue menzogne. Un sacrificio per aiutare il figlio Genny, che purtroppo non riesce ad approfittarsi della situazione. Lo scontro tra i due ex amici avviene in un luogo suggestivo. Con freddezza Ciro colpisce Genny a morte con un colpo di pistola durante una recita scolastica. Sullo schermo vengono presentati i bambini ignari del proprio futuro, con ancora la speranza che un eroe possa salvare la situazione, e una realtà che invece non ha bisogno di eroi, in cui il male vince e per sopravvivere non ci sono altre alternative. Nelle ultime scene però la storia del clan Savastano sembra tutt’altro che finita qui: durante il trasferimento Don Pietro viene liberato e si dimostra molto più sveglio e attivo di quanto ci aveva fatto credere di essere, facendoci immaginare un suo futuro ruolo da protagonista; e il corpo inerme di Genny ha un piccolo sussulto, la sua mano si muove per una morte non più così certa come ci era sembrata inizialmente. 

Una seconda serie in arrivo?

Sembra possibile e non solo per il messaggio comparso nei titoli di coda. Grazie al grande successo ottenuto dal telefilm, Sky ha preso la decisione di mettere in produzione la seconda serie. La serie infatti è stata venduta in ben 60 Paesi all’estero, ma di seconda serie si parlerà sicuramente dopo che sarà stata messa in chiaro su La7, co-produttrice del progetto.

Storie di Clan e di polemiche

Gomorra – La serie non è stata solo oggetto di complimenti e di un numero elevato di share, ma anche di numerose polemiche, tra cui quello che più ha alzato un polverone è stato l’articolo di Marco Demarco sul Corriere del Mezzogiorno, nel quale oltre a venire elogiata la rappresentazione in modo adrenalinico e coinvolgente, si leggono anche critiche.

[quote] Sia che si punti il cannocchiale sulla globalizzazione del crimine, sia che si usi il microscopio per indagare sui più intimi stili di vita dei boss, lo sfondo non cambia. Cambia la profondità, non l’angolatura. Mai una contaminazione con l’altra Napoli, quella che si rivolge all’avvocato prima che al killer; o che fa la coda per vedere una serigrafia di Andy Warhol. Il Male non combatte mai col Bene, secondo il più banale degli schemi, ma con un altro male, se è possibile ancora più malefico. [/quote]

Tempestiva è stata la risposta di Saviano su La Repubblica:

[quote] La sfida era raccontare il male dal suo interno, mantenendo credibilità, alleggerendo la narrazione senza suscitare mai empatia. Avevamo l’ambizione di tracciare una via italiana alternativa per le serie tv per non ricalcare le produzioni americane. Non volevamo raccontare la camorra al mondo, ma al contrario raccontare il mondo attraverso la camorra. Il nostro punto di partenza era questo: il peggior modo di raccontare il bene è farlo in modo didascalico. Tutti cattivi? Sì, in quel mondo non ci sono personaggi positivi, il bene ne è alieno. Nessuno con cui lo spettatore può solidarizzare, nel quale si può identificare. Nessun balsamo consolatorio. Nessun respiro di sollievo. Lo spettatore, in maniera simbolica, non doveva avere tregua, come non ha tregua chi vive nei territori in guerra. Quindi la visuale doveva essere unica. Nessuna salvezza per nessuno. [/quote]

Nessuna speranza allora per la Napoli macchiata dalla camorra, solo una realtà nuda e cruda che ci fa sorprendere come tanti “professor Carpigno” dopo la proiezione del film “Ladri di biciclette” di De Sica. Eppure eliminare del tutto il bene in una pellicola ci farebbe cadere nel pessimismo e nella consapevolezza che le forze dell’ordine siano solo un elemento di contorno, in quella che non sembra rispecchiare in pieno la città che noi abitiamo.

[quote] E vengo a Napoli. Mi si dice che quella della serie tv è Gomorra, un non luogo, non Napoli; e che dunque sbaglio a leggervi una interpretazione della città. Ah, sì? E allora dobbiamo metterci d’accordo. Se ciò che si racconta, come gli autori rivendicano, è la camorra vera; se il dialetto è quello napoletano; se i delitti sceneggiati sono gli stessi avvenuti nella realtà e se le Vele sono quelle di Scampia e non della Costa Azzura, come si fa a  sostenere che quello è un luogo immaginario? Se invece è fantasia, allora ritiro tutto. Ma se è Napoli bisogna ammettere che è una Napoli parziale, e sfuggire  dunque alla tentazione retorica della metonimia; dell’uso, cioè, della parte per il tutto. È in questo senso, io dico, che Gomorra non racconta Napoli. [/quote]

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