Da Bergen con (inatteso) furore: i Kings of Convenience sbarcano a Napoli

[highlight]Altro che Misters Cold: i Kings of Convenience si rivelano “napoletani” e conquistano il pubblico di Bagnoli[/highlight]


Premessa. Avevo qualche perplessità, dopo aver letto che i Kings of Convenience si sarebbero esibiti all’Arenile di Bagnoli: come si combina una musica raffinata, delicata, tranquilla, con un ambiente in cui di solito ci si scatena?

Sono bastati 5 minuti per dissipare ogni mio dubbio. Merito soprattutto di Erlend Øye, il “biondino” del duo, che si presenta sul palco con un paio di pantaloncini Adidas anni ’70 blu elettrico. Ma che, a prescindere da questa mise quasi imbarazzante, comincia immediatamente a trascinare e coinvolgere tutto il pubblico napoletano. Sfoderando, a più riprese, un sorprendente italiano, con cui scherza e richiama l’attenzione della platea. E lanciandosi, inoltre, in una analisi lucida sulla città partenopea:

[quote]Napoli è una città bellissima. Però, manca una vera spiaggia. Perché non fate come a Copacabana? Una spiaggia grandissima e mare più pulito, così la città sarebbe davvero perfetta.[/quote]

Difficile sintetizzare meglio quasi 30 anni di promesse e illusioni su Bagnoli.

E la musica? Beh, quella era ed è una garanzia. I due norvegesi di Bergen sanno suonare e cantare, e i 90 minuti del concerto scivolano via in maniera piacevole e gradevole, anche grazie alla brezza marina che attenua l’afa della serata. Ottima anche la band di supporto a Erlend e Eirik (Glambek Bøe, più raffinato e “nordico” rispetto all’amico-collega, concentrato soprattutto su accordi e note), composta anche da due italiani “adottati” dalla Norvegia. In particolare, grandi applausi per il chitarrista Ugo Santangelo, di origini napoletane, che ha entusiasmato i suoi concittadini.

Piccole note dolenti a margine: affluenza nella media, nulla di strabiliante. Certo, i Kings of Convenience non sono più sulla cresta dell’onda e non hanno mai bissato lo straordinario successo di Misread (datata ormai 2004), ma è stato abbastanza desolante vedere larghi spazi vuoti nel cuore della platea (anche se, va detto, in molti si sono appostati nell’area relax o sulla spiaggia, comodamente appoggiati ai lettini dell’impianto di Bagnoli). Questo solleva una riflessione, anche dopo i numeri del concerto di Springsteen a maggio: mancano le strutture per ospitare artisti internazionali, o forse a Napoli manca proprio una cultura musicale (anche perché non si riesce sempre a intercettare flussi di appassionati da altre città)?

Probabilmente la realtà sta nel mezzo. E incide di sicuro anche il prezzo dei biglietti (nel caso dei KoC, ai 22 euro del ticket è stato necessario aggiungere 3 euro per la prevendita e 2 ulteriori euro per i “diritti di agenzia”. Un po’ troppi costi aggiuntivi, forse, specialmente in tempi di crisi).

E, poi, una lamentela personale. Ho apprezzato la versione rivista di “Misread”, “I’d rather dance with you” è stata travolgente (così come vedere tutto il pubblico accovacciato, guidato da Erlend,  per poi saltare all’unisono sul finire del pezzo), gli altri brani sempre intensi e ben eseguiti, simpaticissimo il biondino etc… ma io volevo ascoltare “Toxic Girl”.

2 commenti su “Da Bergen con (inatteso) furore: i Kings of Convenience sbarcano a Napoli”

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