Gioco d’azzardo, si suicida per aver perso tutto alle slot machine

[highlight]Torna di nuovo di triste attualità il problema del gioco d’azzardo e la sua dipendenza[/highlight]


Un giovane di 19 anni si è tolto la vita intorno alle 5.30 del mattino del 4 luglio sull’isola d’Ischia (Napoli), gettandosi dal muraglione sud della chiesa del Soccorso a Forio. I carabinieri gli hanno trovato in tasca un biglietto in cui chiedeva scusa alla madre per aver perso tutti i soldi di famiglia alle slot machine.

È l’ennesima vittima da dipendenza da gioco che dilapida tutte le sue fortune in sale slot e poi per la vergogna si toglie la vita. Secondo le stime riportate in una ricerca del Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d’Azzardo, in Italia potrebbero esserci circa 800 mila giocatori patologici. Secondo uno studio pubblicato su Medicitalia «non è possibile identificare un soggetto specifico che può avere una dipendenza da gioco. Si tratta spesso di individui che già hanno sviluppato tratti di personalità narcisistica od antisociale. Lo scarso autocontrollo e le difficoltà ad affrontare le situazioni giornaliere possono favorire il manifestarsi di tale patologia. I giochi che maggiormente favoriscono questa dipendenza sono quelli in cui la riscossione del premio è immediata alla scommessa. Maggiormente sono colpiti gli uomini in età giovanile ed intorno ai 40 anni, mentre la fascia di età delle donne è tra i 40 ed i 50 anni».

Il triste avvenimento di oggi dimostra quanto sia di stretta attualità il problema. L’Italia occupa il primo posto in Europa e il terzo al mondo fra i Paesi che giocano di più e il gioco è la terza impresa italiana, con un bilancio sempre in attivo. Secondo i dati ufficiosi dell’Agenzia Dogane e Monopoli, gli italiani hanno puntato per mezzo dei vari giochi organizzati 87,1 miliardi di euro nel 2012, con un incremento del 9,2% rispetto al 2011; di contro, gli incassi dello Stato sono stati di 8 miliardi e 100 milioni di euro, mezzo miliardo in meno del 2011. Per la filiera di concessionari, esercenti e intermediari i guadagni sono stati invece di circa 9 miliardi.

Il fatturato maggiore appartiene alla criminalità organizzata, i cui guadagni sono stati stimati, dal dossier dell’associazione Libera «Azzardopoli 2.0», in circa 15 miliardi di euro per il 2012, senza sottovalutare l’attività di riciclaggio. Sono circa 49 i clan che gestiscono giochi e le innumerevoli inchieste e i sequestri fatti dalla magistratura dimostrano quanto sia capillare la loro diffusione in tutto il territorio nazionale.

Il dibattito in atto nel nostro Paese verte sul vietare o meno le sale e su una maggiore regolamentazione da parte dello Stato, che sembra più attento a ricavare più introiti che a cercare di porre rimedio. Le varie iniziative promosse dalle associazioni sul territorio, come le campagne «Mettiamoci in gioco» o «No slot» stanno cercando di far salire alla ribalta il problema.

Il primo passo è stato compiuto dalla Regione Emilia Romagna con l’approvazione della legge regionale di contrasto al gioco d’azzardo patologico, che vuole porsi come principale finalità quella di «definire i principi generali e gli strumenti per il contrasto, la prevenzione, la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco d’azzardo patologico in collaborazione con istituzioni scolastiche, enti locali, Aziende sanitarie, Terzo settore e associazioni».

È solo un inizio, incoraggiante, ma che non risolve il problema. Non è più possibile accettare altre morti simili, in un Paese che prima relegava il gioco d’azzardo in buie e fumose bische clandestine o nel sogno della Las Vegas dei film e che ora, nell’indifferenza, spinge vite desolate nell’incubo di deprimenti sale slot, in cui ci si può rovinare del tutto e morire nel silenzio di una notte.


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