Google Ara, lo smartphone interamente personalizzabile

[highlight]Rappresenta la sfida di Google contro l’obsolescenza tecnologica, ma il progetto di smartphone modulare potrebbe rivelarsi uno storico flop.[/highlight]

Quanti di voi non hanno mai sognato di assemblarsi il proprio smartphone così da poterlo rendere sempre al passo dei tempi?

Magari come con un PC, sostituire alcuni componenti per potenziarlo, così da introdurre il modulo 4g, cambiare il processore con uno più performante, rinnovare lo schermo touch con un altro più sensibile o montare una batteria una più duratura.

Gli appassionati di tecnologia sempre al passo con i lanci commerciali e con gli ultimi modelli sul mercato sanno bene di cosa si sta parlando.

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La corsa al cambio di smartphone perché diventato obsoleto è ormai senza freni, si parla di obsolescenza programmata e neanche più la Apple assicura che un’Iphone si mantenga competitivo per tanto tempo.

L’obsolescenza tecnologica  corre sempre più veloce e il miglior smartphone del momento dura sempre meno e per il consumatore stare al passo con i tempi è dura.

Se i produttori di smartphone fanno a gara per lanciare prodotti con caratteristiche sempre più nuove, Google invece sta intraprendendo una strada alternativa con il Progetto  Ara.

L’azienda di Mountain view infatti sta sviluppando da alcuni anni un dispositivo modulare che permetta di personalizzare le diverse componenti hardware dello smartphone.

Cos’è Ara

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L’idea nasce Dave Hakkens, uno studente della Design Academy di Eindhoven, che presenta come tesi il Phonebloks, uno smartphone modulare ecosostenibile ed economico da riparare. Il progetto di Hakkens  è quello di creare un dispositivo dai componenti intercambiabili con nuovi moduli su una base fissa.

Google decide di integrare il suo progetto Ara con quello di Hakkens così da sviluppare lo Spiral 2.

Le intenzioni di “Big G” sono quelle di fare dell’hardware ciò che è stato fatto con Android per il mondo dei sistemi operativi, creare cioè un ecosistema in cui possa svilupparsi una piattaforma di hardware open source interscambiabile sulla stessa base.

Ara è quindi la base metallica su cui collegare gli altri componenti, un po’ come la scheda madre dei computer.

Le due versioni dei dispositivi hanno mostrato una vera e propria evoluzione del progetto con lo Spiral 2 che nonostante alcune problematiche sembra quasi un dispositivo pronto per la commercializzazione.

Infatti, il prototipo supporta due versioni di processori  il Marvel PXA1928 o il più veloce Nvidia Tegra K1, le reti 3G, monta un display da 720p e presenta i relativi moduli montabili nelle aperture fissate con magneti posizionati nello scheletro base. Questi sono sostituibili anche con lo smartphone acceso, compresa la batteria che però deve essere sostituita entro 30 secondi prima che il sistema si spenga.

Lo Spiral 3

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Le grandi limitazioni che ancora presentava il dispositivo, come il touch screen del display non ancora del tutto funzionante o la durata della batteria dall’insufficiente autonomia sembrano essere state risolte con lo Spiral 3 che si annuncia molto interessante.

L’aggiunta del modulo LTE 4G, una batteria che permetta di raggiungere fine giornata senza patemi e l’offerta di circa 30 moduli componibili a disposizione degli utenti, permetterà a Google di lanciare il terzo modello di Spiral a metà 2015 in un mercato di prova come quello di Porto Rico.

I diversi componenti disponibili potranno essere acquistati al momento della scelta dello smartphone o successivamente su uno store apposito, così da permettere al consumatore di assemblare lo smartphone dei propri sogni

Le prime risposte del mercato di Portorico saranno un primo test di valutazione delle potenzialità del prodotto.

Rivoluzione o flop

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Il lancio del prodotto in un mercato di valutazione ci fa tornare al quesito iniziale: quanti di voi non hanno mai sognato di potersi assemblare lo smartphone.

La risposta non è così scontata perché non è sicuro che questa sia la reale volontà degli utenti.

Una delle “lezioni” che ci ha insegnato il successo di Apple è che l’utente desidera un prodotto finito, un sistema chiuso, sicuro e alla moda in cui possa sentirsi parte di una famiglia, sentirsi speciale e coccolato.

Il progetto Ara promette tutt’altro, puntando sulla voglia di risparmio del cliente e sulla promessa della totale personalizzazione del prodotto che ne potrebbe far perdere di identità.

Altri dubbi si pongono sulla fluidità hardware e software dei componenti e sulla garanzia dei singoli componenti installati e prodotti da aziende diverse.

Windows prima e Android dopo ci hanno mostrato che le componenti di diversi produttori possono far correre il rischio di un sistema frammentato e poco fluido.  In questi difetti il robottino verde è già incappato in passato e rischia che il problema si ingigantisca ancor di più con un supporto non adeguato del sistema modulare.

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La sfida di Google all’obsolescenza programmata è molto ambiziosa e nasconde tante insidie, tra cui quella di ripetere il parziale flop dei Google Glass.

L’azienda di Mountain view ha comunque le risorse economiche e creative per andare in controtendenza.

I grandi geni sono sempre stati considerati dei pazzi visionari all’inizio e il percorso difficile che si prospetta per gli Spiral potrebbe essere simile, con il successo degli smartphone modulari che potrà cambiare davvero il mercato, facendo sì che si compi per l’ennesima volta la rivoluzione targata Google.

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