Tra il dire e il fare c’è di mezzo il credito

tra-il-dire-e-il-fare-c’è-di-mezzo-il-credito[highlight]L’importanza dell’accesso al credito per favorire l’occupazione [/highlight]

Negli ultimi giorni si dibatte molto delle politiche che il Governo Letta intende attuare per favorire l’ingresso dei giovani al mondo del lavoro. I punti essenziali del programma sono due: Staffetta Generazionale e defiscalizzazione sulle assunzioni di giovani. Sono due ottime proposte, attuabili in poco tempo e con un investimento da parte delle finanze pubbliche decisamente sostenibile; ma non basta.

Da qualche tempo, ormai, ascoltiamo politici, economisti e imprenditori parlare della scomparsa del posto fisso, e dell’esigenza di rendere il mercato del lavoro italiano più flessibile. Se questo è vero, e l’evidenza porta a credere che lo sia, non si può pensare di affrontare l’argomento seguendo logiche obsolete. L’ accesso al mondo del lavoro non può limitarsi esclusivamente a forme di subordinazione, che siano a tempo determinato o indeterminato. Bisognerebbe consentire ai giovani di avviare una propria attività, mettendosi sul mercato con il proprio bagaglio di conoscenze, competenze e talenti. Qualcosa è stata fatta in questi anni per facilitare questo processo.

Pensiamo alle riduzioni burocratiche e amministrative, con la conseguente decurtazione delle spese e dei tempi di rilascio delle autorizzazioni necessarie, ma anche all’istituzione della forma societaria denominata Srls, con tutti i limiti del caso. Queste iniziative, lodevoli e utili, non sono però sufficienti per risolvere il problema, perché non affrontano il vero nocciolo della questione: l’accesso al credito.

Mentre da un lato è stato reso più agevole avviare una nuova attività, dall’altro non si è operato per abbattere, o quantomeno ridurre, le limitazioni che un giovane professionista deve affrontare per richiedere un prestito, un finanziamento, un mutuo. Acquistare attrezzature, fare lavori di ristrutturazione, arredare un ufficio o un negozio, risulta pressoché impossibile per un giovane che non ha mezzi propri o familiari. Se sei un libero professionista con P. Iva, devi aspettare almeno tre anni di attività per richiedere e, eventualmente, ottenere un finanziamento.

Lo stesso vale per le Società di nuova costituzione, che devono attendere almeno dodici mesi, con l’approvazione del primo bilancio, per poter essere prese in considerazione. Senza dimenticare la diffidenza delle banche che, a fronte anche di piccole somme, richiedono garanzie e firme da parte di familiari considerati più affidabili. In quasi tutte le regioni, periodicamente, vengono aperti bandi per il Micro Credito alle Imprese, per favorire la nascita di nuove attività promosse da giovani in possesso dell’idea vincente. Distribuire soldi a pioggia senza criteri seri di selezione è controproducente.

Il mercato del lavoro richiede provvedimenti volti a regolamentarne l’accesso e lo sviluppo, non di prestiti a fondo perduto o sussidi “una tantum”, come ricordato più volte dal Presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi.

Se si vuole realmente ridurre la percentuale di disoccupazione giovanile nel nostro Paese, è necessario attivare immediatamente politiche in grado di fondere le due esigenze: creare occupazione e favorire l’accesso al credito ai giovani imprenditori. Se non si va in questa direzione, gli sforzi che saranno fatti nei prossimi mesi saranno solo una goccia nell’oceano. Necessaria, ma non sufficiente.

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