Parlare di Islam. Intervista all’islamista Roberto Tottoli

[highlight]L’Islam nel mondo e in Occidente spiegato nelle sue sfumature dal professore di islamistica a L’Orientale di Napoli Roberto Tottoli.[/highlight]

Parlare di Islam è sempre stato molto complicato, non solo in un momento delicato come quello che stiamo vivendo. L’Islam è una religione molto complessa, professata prevalentemente in una delle zone più delicate e instabili del mondo, sia dal punto di vista politico che sociale. Per questo affrontare un argomento del genere non è cosa semplice, ma soprattutto non è da prendere sottogamba. Trattare in maniera completa e specifica di Islam, e di tutte le situazioni che ne derivano, è complicato persino per gli esperti.

Uno di questi, il professor Roberto Tottoli, docente di Islamistica all’Università degli Studi di Napoli L’Orientale, ha messo a disposizione del nostro giornale la sua competenza e i suoi studi per provare a fare un po’ d’ordine in una realtà molto variegata e difficile da capire.

Professor Tottoli, in un’intervista rilasciata lo scorso gennaio, all’indomani degli attentati alla redazione di Charlie Hebdo, ha definito “riduttivo e frettoloso” parlare di nuovo 11 settembre. Ora, dopo i tragici fatti del 13 novembre scorso, reputa più appropriato parlare in questi termini?

Ma sicuramente gli ultimi attacchi sono un’altra cosa, come hanno sottolineato tutti, nel senso che mentre l’11 settembre era un attacco cieco, simbolico che voleva lanciare un messaggio contro tutto l’Occidente, l’attacco alla redazione di Charlie Hebdo era focalizzato su un punto chiaro. Gli ultimi attacchi, invece, sono di tutt’altro genere: si è trattato di un attacco deliberato contro tutta una serie di stili di vita che, da una certa visione dell’Islam, vengono considerati anti-religiosi, eccetera. Si può dire quindi, che questi ultimi sono sì una sorta di nuovo 11 settembre.

Quando si parla di Islam, spesso vien fuori l’aspetto dell’autenticità della fede. Ma quanto è diffusa, nei musulmani, quella sorta di ipocrisia dei riti che è ormai cronica in gran parte dei cristiani?

Innanzitutto, è da sottolineare che gli autori di questi atti che si richiamano ad una certa religione, non sono persone di spiccata religiosità personale, anzi. Per quanto riguarda la domanda, bisogna precisare che tante volte si parla di cristiani, ma dobbiamo renderci conto che noi viviamo in realtà decristianizzate completamente; fino a cinquant’anni fa potevamo fare un discorso del genere, ma ora viviamo in una realtà post-religiosa, in cui ogni religione rappresenta più un atteggiamento etico che uno stile di vita da seguire. L’Islam, tradizionalmente, come Cristianesimo e Ebraismo facevano soprattutto in passato, è una religione che continua a perseguire una seria di regole e di atti vietati e quindi in qualche modo prosegue, da questo punto di vista, delle tradizioni che altre società hanno abbandonato. Ciò non toglie che una serie di queste pratiche siano comunque svolte, magari in segreto, da alcuni musulmani, come quelli che vivono in Occidente. Comunque sia, anche questo discorso si collega a quello più ampio dell’identità islamica. Venuto meno il Cristianesimo nelle società europee, è naturale che si avverta un certo fastidio nei confronti di questo forte tradizionalismo che invece mantengono ancora le società islamiche.

Alla luce di ciò, quali sono le cause dell’arretratezza, se così si può definire, delle civiltà mediorientali?

Allora, c’è un problema di fondo che è l’enorme difficoltà politica, culturale e sociale di molti Paesi musulmani che sono l’onda lunga di una serie di problematiche quali presenza coloniale o invasività occidentale ed è evidente che questi problemi derivino da anni di dittature che hanno azzerato le realtà politiche e quindi hanno generato confusione e problemi di vario tipo, come si vedono oggi, dalla Libia alla Siria all’Iraq. Anche la questione del terrorismo si ricollega a questo ed è indubbio che, per alcuni musulmani, l’Occidente visto in netta contrapposizione alla loro realtà è una visione che esiste ed è all’opera.
Accanto a quest’ottica, ci sono anche problemi di integrazione e problemi sociali che si rispecchiano soprattutto in una questione generazionale molto forte la quale si veicola in un simbolismo altrettanto forte che noi vediamo anche nel fenomeno dei foreign fighters.

A questo proposito, la lettera scritta dagli Imam francesi per le 2500 moschee della Francia qualche giorno fa è emblematica. Ma qual è il ruolo dell’Imam e che responsabilità hanno, soprattutto quelli occidentali, nella diffusione del fondamentalismo tra i giovani? E cosa potevano fare i cosiddetti musulmani moderati per far sì che non si arrivasse a questo punto?

Difficile. Gli Imam francesi hanno detto una cosa importante a cui hanno fatto susseguire delle prese di posizione coraggiose rispetto anche al recente passato, e questo va sottolineato. Tuttavia, gli autori di atti terroristici non sono persone che frequentano le moschee assiduamente, quindi anche nei paesi occidentali gli Imam hanno alcune difficoltà di controllo.
Gli Imam, in generale, possono fare molto, evitando che la solidarietà di gruppo si mescoli alle esigenze politiche, come poi avviene quasi sempre, e in Italia lo sappiamo bene avendo vissuto la stagione del terrorismo, quanto sia difficile denunciare anche il vicino, nella speranza che questo prima o poi recuperi da solo la via giusta. Quindi agli Imam bisogna chiedere questo sostanzialmente: di sorvegliare all’interno della propria comunità e avere il coraggio di prendere posizioni forti. Cosa che si può chiedere anche ai musulmani moderati, tenendo però presente che spesso i musulmani moderati sono quelli che non frequentano moschee, quindi un’ipotesi di “controllo” da parte degli Imam o dei moderati su gran parte della comunità è molto complicato.

E’ davvero “innocente” il messaggio del Corano? E la figura di Maometto?

Partiamo da un primo dato: l’Islam qualche problema interno in relazione al rapporto con la violenza ce l’ha, ma è un problema che si riscontra più o meno in tutte le religioni. In ogni religione ci sono capitoli di violenza e di grandi slanci pacificatori. Nella storia del Corano e del Profeta questi capitoli convivono nella stessa figura, perché Maometto è stato, secondo la tradizione musulmana, colui che ha ricevuto le rivelazioni riguardo l’unicità della fede in un solo Dio; ma Maometto è stato anche leader della comunità musulmana, ha partecipato a battaglie, a conquiste… Quindi la divisione tra componente bellica e pacifica che troviamo nei testi sacri cristiani, tra le battaglie dell’Antico Testamento e i testi, per così dire, pacifisti, dei Vangeli, nella storia del Corano e del Profeta convivono. Quindi il problema è sempre quello: chi legge cosa e in quale momento. Ma sicuramente non si può affermare che il Corano sia un testo di pace.

Cosa si può fare concretamente per dare meno spazio a sensazionalismi che generano intolleranza e diffondere una conoscenza del Corano non macchiata da pregiudizi, tra gli occidentali?

E’ una domanda non da poco.  In chi genera sensazionalismo io, personalmente, vedo un po’ una connaturata ipocrisia occidentale e il ritorno di una tendenza xenofobica tipica delle società europee. In realtà noi ce la raccontiamo di essere portatori dei diritti umani, ma basta vedere la storia del XX secolo per capire che non è proprio così.
Quindi la realtà europea può veramente pensare di convivere con un’altra realtà? Certo, una conoscenza maggiore potrebbe aiutare, io però allo stato attuale sono piuttosto pessimista. Il ruolo, anche politico, della religione tra Europa e mondo islamico è diverso e sembra che questa crisi tracci un solco ancora più profondo nella realtà mediterranea, con il rischio effettivo di trascinare a fondo tutti e due i protagonisti.
Io penso che, guardando ai prossimi 20-30 anni, un’identità europea più unita e solidale che tratti il mondo islamico come possibile luogo di pacificazione e di crescita economica effettiva, potrebbe essere l’unica possibilità di salvezza per un continente vecchio e pieno di problemi come l’Europa. Ma io francamente non vedo nessuno capace di fare un discorso che guardi da qui a 20-30 anni in maniera concreta, in quanto la politica continua a basarsi sul consenso e su strategie miopi. E anche la tendenza al sensazionalismo fa il gioco degli estremisti.

Fino a che punto si può affermare che l’Occidente è il primo nemico di Daesh? Si può sostenere che i veri nemici sono considerati gli stessi musulmani che non si piegano al dominio dello Stato Islamico e che le mire principali dell’IS sono rivolte più a casa propria che non all’Occidente?

Da un lato è vero e ciò riflette la storia musulmana che è segnata da una grande frammentazione. Non essendoci un centro che tracci una precisa ortodossia, chiunque può alzarsi un mattino e definirsi il vero interprete della religione: ciò porta dinamicità e conflittualità interne. Certo è che, rispetto ad esempio ad Al Qaeda, Daesh può puntare sul fattore di unità territoriale che conferisce grande forza (e in ciò rientra anche l’importanza della contrapposizione all’Occidente, utile soprattutto a rinsaldare il fronte interno). La stessa Daesh parla un linguaggio politico che noi capiamo benissimo perché appartiene pienamente alla storia del pensiero politico del XX secolo.

Quindi si può dire che il califfato nero voglia creare una sorta di stato moderno così come è inteso in Occidente?

In certa misura sì, ha l’idea della ricostruzione di uno stato tramite l’utilizzo di vecchi strumenti, ovvero realizzare uno stato che abbia canali di propaganda altrove, richiamando anche gente da fuori su quella che può essere definita ormai una base territoriale.

Le riporto delle ipotesi che racchiudono le opzioni più quotate che, secondo alcuni analisti, potrebbero portare alla sconfitta dell’Isis. La prima: intensificare i bombardamenti e colpire soprattutto il petrolio, prima fonte di ricchezza dello Stato Islamico. La seconda: collaborare con le forze locali, in particolare con i curdi. La terza: mandare i soldati in terra nemica, quindi invadere il territorio controllato dallo Stato Islamico. La quarta è una sorta di anti-soluzione: non intervenire.

Il punto di partenza è semplice: è evidente che i fatti di Parigi rappresentano un atto di guerra. Per quanto riguarda l’intervento armato sul territorio, ci sono molti problemi da prendere in considerazione: uno, la storia dell’intervento americano in Iraq ci insegna molto; due, la questione Assad in Siria, dove è stato praticamente azzerato un popolo sotto più punti di vista, facendo fuori 20.000 persone e facendone marcire nelle galere altrettanti, poteva far presagire che una parte di questi fuoriusciti reagisse in qualche modo. Io penso che prima ancora di qualsiasi intervento radicale, la comunità internazionale debba capire che cosa vuole realmente dall’area in questione. Il problema grosso non è l’intervento, ma il “dopo”, ciò che ne consegue in quanto non c’è nessuna entità chiara sul territorio in grado di imporre l’ordine. Quindi bisogna avere il coraggio di cominciare a pensare a quale aspetto geopolitico venga fuori dopo, non pensando solo a risolvere il problema nell’immediato. Senza questa presa di coscienza, anche il dibattito guerra/non guerra non ha alcun valore.

In pratica si passerebbe da Daesh ad un altro gruppo terroristico come si è passati da Al Qaeda a Daesh…

Sì, perché non andremmo ad eliminare le cause del problema. Anche se quello che si percepisce chiaramente è che le potenze mondiali e anche quelle della regione interessata hanno idee diverse. Quindi, finché non si chiarisce quest’idea, non vedo come si possa pensare che una soluzione sia meglio dell’altra.

Riassumendo tutta la questione in termini brevissimi, si può affermare che ha già spiegato tutto Shakespeare ne Il Mercante di Venezia? A prescindere dal Dio in cui si crede, o si dice di credere, l’uomo che ha il coltello dalla parte del manico, non guarda in faccia a nessuno?

Beh, certo. La storia umana è fatta di tantissimi episodi di questo tipo. Siamo molto provati dai fatti accaduti in Francia, che rischiano di mettere in crisi una serie di abitudini. Purtroppo la storia umana è fatta di eccidi, massacri e di moltissimi episodi di questo tipo, di violenza spesso fuori controllo.

Ultimamente ho paragonato cristiani e musulmani a due bambini che litigano tra di loro e si giustificano agli occhi della maestra, che è Dio, dicendo: “Ha iniziato lui!”. Ecco, allo stato attuale delle cose, immagino che neanche il più grande storico possa avanzare un’ipotesi su “chi ha iniziato a litigare…”

Beh, è un’immagine efficace. Questi due fratelli, anzi cugini che litigano mentre il resto della famiglia viaggia su altre coordinate, mentre ci si dimentica di questo Mediterraneo che è molto più piccolo di quanto non sembri, e questi conflitti lo rendono ancora più piccolo.

In media, quanta affluenza di studenti registrano i suoi corsi? E quali sono le aspettative per l’immediato futuro in seguito ai recenti fatti e al nuovo interesse che, suo malgrado, hanno suscitato nei confronti dell’Islam?

L’affluenza è di circa 100-150 studenti al primo livello di laurea e una ventina alle magistrali. Dopo l’11 settembre è cresciuto l’interesse nei confronti di questa disciplina e si sente sempre di più l’urgenza di conoscere, ma grandi passi in avanti non sono stati fatti, sia in sede giornalistica, che per quanto riguarda tutto il mercato culturale e intellettuale italiano. Da questo punto di vista si va molto a rallentatore. Anche se bisogna dire che tale immobilismo non riguarda soltanto il settore dell’islamistica. Non so prevedere una crescita o meno, ma bisogna essere anche realisti. L’Italia e l’Europa hanno tanti problemi a cui far fronte, e questo è solo uno di quelli.

Infine, come risponde uno studioso di islamistica a quanto affermato da Oriana Fallaci nel suo discusso “La rabbia e l’orgoglio”: quel “conflitto” tra le due culture che non regge, in quanto soltanto quella occidentale può essere definita tale?

Si tratta di best seller che puntualmente tornano all’attenzione di tutti dopo ogni tragedia simile a quella di Parigi. Io leggo in queste parole un profondo disagio dell’autrice per come sono andate tante cose dagli anni Settanta in poi, per l’Europa e per l’Italia. Leggo nella difesa accorata di quella che è stata una grande giornalista, la delusione per la parabola discendente dell’identità europea e anche italiana negli ultimi decenni. Non solo, sono affermazioni basate sulla non conoscenza di una storia vecchia oltre 1400 anni, fatta di alti e bassi come la storia europea, che riflettono quello che dicevamo prima: l’incapacità di guardare all’altra sponda del Mediterraneo come una risorsa utile a cui approcciarsi in maniera totalmente diversa. Si tratta inoltre di culture che hanno molto in comune, molto di più di quanto l’Europa condivida con l’India, la Cina, il Giappone… Il mondo islamico ha una storia molto più simile a quella della cultura europea ed è anche per questo che si verificano spesso conflitti. Non bisogna poi dimenticare che qualche pregiudizio c’è anche dall’altra parte nei confronti dell’Occidente. Questi sentimenti di intolleranza non fanno altro che perpetuare questa tendenza, da una parte e dall’altra.

Contrapposizione Fallaci/Terzani: il professor Roberto Tottoli da che parte si schiera: se non condivide il pensiero di Fallaci e il suo impeto post-11 settembre, è d’accordo con la volontà di Terzani di cercare di eliminare alla base le ragioni che spingono i terroristi ad atti così estremi (“Non si tratta di giustificare, di condonare, ma di capire. Capire, perché io sono convinto che il problema del terrorismo non si risolverà uccidendo i terroristi, ma eliminando le ragioni che li rendono tali”, dall’articolo Il Sultano e San Francesco, apparso il 7 ottobre 2001 sul Corriere della Sera)?

E’ una domanda non facile. Francamente non saprei da che parte mettermi: trovo assolutamente più condivisibile l’atteggiamento di Terzani, ma allo stesso, a parte questo episodio, ho trovato sempre molto più condivisibile una certa militanza di Oriana Fallaci che non il percorso di Terzani. Quindi ho una simpatia umana più per la Fallaci, non condividendo nulla di quello che ha detto sull’Islam, trovandolo anche odioso e superficiale, e non ho mai particolarmente apprezzato Terzani a parte per la lettura di alcuni libri veramente belli. Ma trovo davvero difficile prendere una posizione… Diciamo anche che mi avvalgo del diritto di astensione…

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