Un Paese allo stremo dipinto come felice

[highlight] Il Premier Renzi continua a dipingere il paese come felice [/highlight]

A leggere i resoconti giornalistici, il nostro Premier dimostra, continuamente, con le sue dichiarazioni, che vede un altro Paese, una situazione dello stesso completamente diversa da quella percepita dalla maggioranza dei suoi connazionali. La sua narrazione è estremamente positiva. Non c’è un indicatore economico che, a suo dire, non vada letto in maniera positiva. Fa certamente bene: è il suo mestiere. Deve dispensare ottimismo a piene mani.

Il Paese, che vive una situazione economica e sociale delicata, ha bisogno di iniezioni di fiducia, magari snocciolando cifre a supporto. Ma la situazione economica del nostro Paese non è così rosea, come la si vuol dipingere. La produzione industriale è, da molto tempo, in calo, aumenta il numero delle aziende che chiudono e, di conseguenza, aumenta il numero dei disoccupati, con percentuali preoccupanti. All’interno di questo dato, la percentuale di giovani privi di opportunità di lavoro è altissima e drammatica.

Le recenti vicende bancarie hanno minato la fiducia dei risparmiatori in maniera preoccupante. La percezione degli italiani è quella di chi vede una politica, che dovrebbe essere l’architrave su cui costruire un altro Paese e un altro modello di sviluppo, disastrata e con partiti ormai svuotati, e con un deficit di classe dirigente abbastanza evidente. Le contrapposizioni sterili che caratterizzano alcuni protagonisti, finiscono con l’allontanare sempre di più la maggioranza degli italiani dalla politica e dalle sue propaggini. Il Paese aveva ed ha bisogno di trovare risposte ai problemi che la quotidianità pone al centro della vita dei suoi cittadini.

Il Paese aveva ed ha bisogno di una classe dirigente che consenta ai cittadini di non sentirsi sudditi, e di essere difesi e tutelati dai grandi interessi economici e finanziari che si celano, a volte, anche dietro ai gruppi che erogano servizi essenziali, come acqua, energia, telecomunicazioni. Invece, malgrado tutto, si assiste ad una lotta impari tra queste grosse aziende, che vessano quotidianamente, e i cittadini-utenti che con esse hanno rapporti.

Forse se rottamazione vi era da fare, questa dei rapporti suddetti era da privilegiare. Altro che riforma delle province, riforma del Senato e via dicendo. Che pure sono cose importanti ma non prioritarie, a mio modesto avviso. Ma il nostro Paese è quello che è. Da qualche decennio ha bisogno di credere all’uomo della Provvidenza e, quindi, non c’ è chi meglio di un illusionista può incarnare questa aspettativa. E, allora, fiato alle trombe, come diceva il compianto Mike Buongiorno.

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