Governo Letta, presto nuove elezioni?

[highlight]Il futuro del Governo Letta è sempre più incerto tra ineleggibilità e Imu[/highlight]


La domanda più frequente ogni giorno che passa è: quanto durerà il Governo Letta?

Fin da quando il Premier ha ricevuto l’incarico, ogni strappo, polemica o dichiarazione diventa la causa di un’ipotetica crisi di governo capace di far interrompere le larghe intese e far saltare il piano del Presidente Giorgio Napolitano.
Questa volta però lo strappo sembra decisivo e tra le cause, oltre che la conferma della condanna di Silvio Berlusconi, c’è la volontà di parte del PD di non accogliere la proposta del PDL a predisporre un salvacondotto che faccia evitare l’ineleggibilità del Cavaliere di cui la giunta per le elezioni e le immunità del Senato deciderà il 9 settembre. Ci eravamo chiesti qui in che stato potesse arrivare il Governo Letta per il 31 agosto, data decisiva per le priorità stabilite dall’Agenda di governo.
La risposta è che questo Governo sembra ormai essere un esecutivo a termine: il PDL, per cui è imminente il ritorno alla denominazione Forza Italia, non riesce più a restare nei ranghi indispettito dall’apparente ritrovata unità “antiberlusconiana” dell’anomalo alleato; il Congresso del PD, che ormai sembra fissato per settembre, stabilirà presumibilmente anche la data delle Primarie che rende evidente quanto le elezioni siano vicine dopo poco più di 100 giorni di governo.
Che bilancio si può dare al Governo Letta e alle larghe intese fino a ora?
Dai più definito il “Governo delle attese” più che delle larghe intese, l’esecutivo guidato da Letta ha affrontato alcune delle problematiche principali in maniera sempre troppo blanda e debole.
Il decreto del fare, di cui abbiamo parlato qui, sembra un’occasione mancata, mitigato e riformato più volte non riesce mai a entrare a fondo dei problemi trattati, rimandando sempre a provvedimenti futuri le decisioni più insidiose. L’IMU, argomento molto caro al PDL, è l’altro tema spinoso causa degli scricchiolii di governo.

Il Ministro Saccomanni nel documento presentato dal Ministero dell’Economia ha tracciato nove scenari che scaturirebbero dall’abolizione dell’imposta sul mattone, «la cui abolizione totale per la prima casa, di cui beneficerebbero soprattutto i contribuenti più ricchi, può avere un’efficienza scarsa oltre che un impatto regressivo». Questa posizione ha dato ancora di più fuoco alle polveri del PDL che ha intimato al PD di rispettare i patti e di essere fermo nell’abolire la tassa considerandola una vera e propria posizione politica. Si direbbe un’occasione d’oro per il Partito Democratico di ritrovare forza e staccare la spina al Governo sempre ricattato da più parti.

Invece il Governo ha proseguito spedito e quasi unitario nell’approvazione del Disegno di legge di revisione dall’articolo 138 della Costituzione, già approvato al senato, il cosiddetto “Golpe silenzioso” ha l’intento di ridurre i tempi delle delibere delle due camere da tre a un mese. Contro questa misura si sono schierati personalità della sinistra come Rodotà e Landini che hanno dato vita a un appello e a una raccolta firme pubblicata anche da Il Fatto Quotidiano.

[quote]Nessun partito, nessuna lista, ma un fronte aperto per applicare la Costituzione, ripristinare l’agibilità democratica nel Paese, in Parlamento e nei luoghi di lavoro dialogando con le forze politiche disponibili[/quote]

Ma come si arriva a ipotetiche elezioni?

Una delle prime priorità del Governo Letta era la Legge elettorale che doveva riscrivere le regole del gioco e permettere una nuova corsa elettorale non più basata sulle illogiche norme del “Porcellum”. L’esecutivo però di questo non è riuscito ad occuparsi, troppo debole e diviso tra parti che tempo fa erano attive nel votare e difendere una legge  ora osteggiata da tutti.
La mancanza di memoria sembra il peggior male del nostro Paese che non ricorda mai abbastanza le umiliazioni subite e le “bassezze strumentali” di una classe dirigente a cui troppe volte si è data una possibilità credendo che questa “politica” potesse dare la svolta al Paese.

Ma il cambiamento non è dato né da una elezione, né da una legge elettorale. Bisognerebbe iniziare nel ricostruire una cultura civica e una società civile responsabile delle proprie azioni, dei propri errori. Capire che non si è cittadini soltanto all’interno di una urna elettorale ma lo si è tutti giorni, soprattutto fuori.

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