Centrale Nucleare di Fukushima: cronistoria di un disastro

[highlight]A più di un anno dallo tsunami che ha distrutto la centrale nucleare giapponese di Fukushima, la contaminazione continua[/highlight]


L’undici marzo del 2011 un terremoto di magnitudo 9.0 colpisce la costa orientale del Giappone, seguito da uno tsunami; la centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi subisce dei danni e l’alimentazione esterna viene interrotta, causando l’inattività degli impianti di raffreddamento e la conseguente fusione del nocciolo in tre reattori. Le esplosioni danneggiano gli edifici dell’impianto, provocando perdite di materiale.

A distanza di più di un anno, continuano le fuoriuscite di liquido radioattivo nei pressi di Fukushima, e la sicurezza della popolazione nelle zone vicine (e non) al cadavere della centrale nucleare è sempre minore.

La Tepco (Tokyo electric power company) ammette di non riuscire a gestire i livelli di acqua contaminata: le perdite, infatti, sono sempre più frequenti e incontrollate, tanto che lo stesso Governo ha rivelato che tonnellate di acqua radioattiva dovranno necessariamente essere sversate nell’Oceano Pacifico.

Con il passare del tempo non sembrano essere stati presi provvedimenti adeguati ad arginare il disastro ambientale causato dallo tsunami e, nonostante la situazione sia apparsa da subito grave a tutti gli scienziati, il governo giapponese ha sempre agito in modo da mascherare l’effettiva tragicità della situazione.

Documenti riportano che al momento dell’incidente ci sono state discrepanze tra i livelli di radioattività misurati: i rapporti scientifici segnano un livello 7 di radioattività, lo stesso del disastro di Chernobyl, il più alto della scala internazionale degli eventi nucleari, mentre per Tepco al momento dell’incidente era solo 4.

Le direttive di evacuazione sono state date unicamente per le località nelle vicinanze della centrale. Per convincere il Governo ad estendere il limite della zona di evacuazione ufficiale ci son volute settimane, e soprattutto numerosi report di scienziati che hanno documentato l’eccessiva radioattività nei villaggi situati a chilometri da Fukushima.

Solo nel maggio 2011 la Tepco ammette pubblicamente l’entità del disastro, con la versione ufficiale dell’accaduto: l’incidente è iniziato nel reattore n. 1 entro cinque ore dall’interruzione di alimentazione elettrica, e si è successivamente esteso anche ai reattori n. 2 e 3.

Nell’ottobre dello stesso anno, la Tepco è costretta anche a comunicare che la fissione nucleare è ancora in atto, rivelando la presenza di Xeno-133 e Xeno-135 nel reattore 2.

L’instabilità degli impianti di contenimento dei materiali radioattivi è quindi ormai un dato di fatto.

La contaminazione avanza e livelli di radioattività elevati vengono rilevati negli alimenti e in luoghi pubblici, quali parchi e scuole, anche dopo le misure di decontaminazione; documenti della Commissione di Sicurezza Nucleare Giapponese (NSC) rivelano che il Governo ha nascosto i dati relativi a:

[quote]esposizione alle radiazioni alle ghiandole tiroidee dei bambini nel marzo 2011.[/quote]

Per recuperare gli edifici della centrale e mettere in sicurezza l’area, il governo giapponese ha stanziato circa 360 milioni di euro per bloccare le perdite radioattive, finanziando un progetto per costruire una struttura di terra congelata attorno ai reattori, tramite delle condotte in cui far passare materiale refrigerante in modo da evitare che l’acqua delle falde acquifere sia contaminata dai reattori.

E se quest’opera di ingegneria può sembrare difficoltosa, ancor più sembra essere la rimozione delle barre di combustibile nucleare.

È attestato che per lo smantellamento di tutta la struttura ci vorrà almeno un secolo, mentre una bonifica dell’area resta sempre più una utopia.

La contaminazione sembra non avere più un limite, forse quanto la superbia dell’uomo, pronto a spingersi sempre più in là, sopravvalutando se stesso ma non la Natura, leopardianamente matrigna e pronta a mettere a tacere la sua malsana hybris.

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