Quattro chiacchiere con “L’Equilibrista” Lorena Bartoli

[highlight] L’artista Lorena Bartoli ha risposto a qualche nostra domanda [/highlight]

Un album piacevole, con canzoni che si fanno ricordare per la loro musicalità e per la passione con cui sono cantate, quello di Lorena Bartoli, di cui abbiamo parlato precedentemente qui. Ma chi è realmente Lorena Bartoli? L’abbiamo incontrata nei pressi della stazione della metropolitana di Materdei e con gioia ha risposto a qualche nostra domanda.

Com’è stato calcare il palcoscenico nei diversi spettacoli a cui hai preso parte?

È stato innanzi tutto emozionante, anche se nei primi periodi c’è stata molta ansia da prestazione. Ti assegnano una parte e ti lanciano sul palco, però dietro c’è un duro lavoro. All’inizio non sai mai se sei veramente in grado di rappresentare adeguatamente il personaggio che ti è stato assegnato, oppure se si tratta di un musical temi di non riuscire a cantare, ballare e recitare nello stesso tempo. C’è bisogno di una sorta di allenamento. Io sono convinta che noi artisti siamo un po’ come degli atleti.

Cosa ti ha lasciato il personaggio di Silvia Ruotolo che hai interpretato nello spettacolo Ladri di Sogni, interpretato insieme ad Antonio Casagrande?

Il personaggio di Silvia Ruotolo, che sto ancora interpretando in quanto lo spettacolo è ancora in scena al Teatro Diana, è sicuramente un personaggio che non si scrolla completamente da dosso, soprattutto per quello che c’è dietro. C’è stato un vero e proprio studio, ho raccolto quante più testimonianze potessi per riuscire ad essere quanto più simile a questo personaggio realmente esistito. Con molta gioia ad ogni replica sono presenti anche i figli in sala e quindi ho una maggiore responsabilità. Silvia Ruotolo è ormai un’icona di Napoli e devo per forza di cose trattarla con molta sensibilità.

Parlando invece dell’album, perché hai scelto come nome L’Equilibrista tra un nì e un so?

L’Equilibrista rappresenta un po’ quella che è la mia vita, soprattutto quella artistica. Il mio mondo si divide in due parti che vanno ad intersecarsi, quello della musica e quello del teatro. Mi destreggio un po’ di qua, un po’ di là, cercando di non cadere mai da questo filo ben teso che è il palcoscenico.

Quanto ti ha influenzato la musica partenopea?

Mi ha sicuramente influenzato in quanto non avevo intenzione di abbandonare le mie origini. Ho voluto incidere un album in italiano però ho fatto un omaggio a Napoli con due brani in napoletano. Si tratta di due brani completamente diversi, sia come testo sia come musicalità. Ultimo quarto e core infatti è una ballad su un amore perduto, mentre Napule d’ajere è stato un omaggio alla Napolitan Power, soprattutto a Pino Daniele, scomparso da meno di un anno.

In Aldilà del mare, Cerca e Ultimo quarto e core parli di tre amori diversi. Quante sfaccettature quindi ha l’amore?

L’amore ha tantissime sfaccettature. È la cosa più importante della vita. L’amore può essere, oltre a quello per una persona, anche quello per un figlio o l’amore per la propria città. Non si può rinchiudere l’amore in un solo aggettivo, sarebbe riduttivo e impossibile.

Ma, per citare il titolo di una tua canzone, l’Amore che cos’è?

L’amore è quella cosa che non passa mai di moda. Nel mio caso si tratta dell’amore per il mio lavoro e ne ho fatto una ragione di vita e poi, come ho già detto prima, esistono tanti tipi di amore.

Perché hai scelto proprio questo brano come tuo primo singolo?

L’ho scelto perché prima di tutto ho avuto un featuring importante con Gianfranco Campagnoli alla tromba e poi anche perché il testo è frutto di un adattamento di una poesia scritta da una mia zia, che purtroppo non sono riuscita a conoscere. Anche lei aveva il dono del canto, che ha affinato da autodidatta. Ho voluto dunque fare un omaggio a questa persona che sento comunque dentro di me. Il testo è stato riarrangiato da Gigi Ciliberti ed è stato musicata da Mauro Spiniello.

In Il Teatro parli dell’altra tua grande passione. Qual è la tua opinione sul teatro di oggi?

Il teatro è disciplina. Il teatro di oggi però si sta perdendo questo senso. Abbiamo esempi non del tutto corretti fornitici dalla televisione, secondo cui sembra che sia lasciato tutto al caso. Il teatro è una disciplina per cui si deve studiare, come anche il canto o la danza. Bisogna avere una forte dedizione e soprattutto passione che ti dia la forza e la carica di svegliarti ogni giorno e che ti dia la consapevolezza di non voler fare altro che questo.

Un ruolo importante però è ricoperto anche dall’improvvisazione…

Sicuramente, anche se ci sono molti ruoli e registi che non danno molto spazio all’improvvisazione.

In L’uomo della tv cosa hai voluto comunicare precisamente?

In realtà è dedicata a Fabrizio Corona. È una canzone che in chiave blues si è proposta di ripercorrere la vita di questo personaggio. Ho scelto proprio Fabrizio Corona perché, nel periodo in cui ci stavo lavorando all’album, passavano le notizie dello scandalo che lo ha coinvolto e abbiamo deciso di inserirlo perché era un fatto attuale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto