Perchè la benzina costa uguale se il petrolio costa meno

[highlight]I fattori che, soprattutto in Italia, non consentono una riduzione del prezzo della benzina proporzionale al calo del prezzo del petrolio[/highlight]

L‘Italia, in qualità di Paese importatore di petrolio, avrebbe dovuto risentire positivamente del crollo del prezzo del petrolio verificatosi a partire da giugno 2014 e che ha condotto a un dimezzamento del costo passato dai circa 100 dollari al barile ai circa 45 dollari ala barile attuali. Il popolo dei consumatori sarà stato assalito, negli ultimi tempi, da sentimenti contrastanti oscillanti tra l’entusiasmo per la previsione di costi ridotti anche per la benzina e la successiva rassegnazione per l’inspiegabile constatazione dell’invariabilità del prezzo del carburante. Che gli italiani, in particolare, non ci guadagnino dal calo vertiginoso del valore dell’oro nero è, dunque, un dato di fatto; siamo, però, tutti curiosi di capire perchè mai il costo della benzina risulti quasi indifferente alla sua materia prima.

[highlight]LEGGI ANCHE: Perchè il calo del prezzo del petrolio non è positivo[/highlight]

Le cause

Una delle ragioni risiede nel fatto che, spesso, i produttori di benzina comprano il petrolio stipulando contratti “futures”, i quali prevedono la consegna immediata della materia prima e il pagamento, invece, successivo, ma concordato nel prezzo esatto al momento stesso della consegna. In tal modo i fornitori di petrolio hanno la garanzia della vendita del prodotto a un prezzo fisso che non risentirà, dunque, delle continue oscillazioni.

In realtà, però, ciò che interviene in maniera più incisiva sulla mancata correlazione dei prezzi al consumo con quelli della materia prima è il fattore accise più IVA. Le accise, un particolare tipo di imposta che colpisce un bene nel momento del consumo e che dunque grava pesantemente sul prezzo finale, vengono stabilite dallo Stato e tendono ad aumentare in tempi di crisi, in quanto fungoono da sostegno per il raggiungimento del bilancio statale. é facile immaginare che in Italia abbiano raggiunto livelli massimi, al di sopra della media europea. La differenza tra il prezzo industriale della benzina, quello a cui i produttori decidono di vendere il carburante in base anche ai costi di produzione e di trasporto, e il prezzo finale, quello che effettivamente i consumatori pagano al momento del rifornimento presso i distributori, è piuttosto alta nel nostro Paese. Il prezzo industriale è, infatti, attualmente pari a 0,562 euro al litro, mentre il prezzo finale è di 1,649 euro al litro. Se il primo è in linea con la media europea (0,561 al litro), il secondo risulta essere piuttosto sproporzionato rispetto agli altri Paesi: in Spagna, ad esempio, il prezzo finale si aggira intorno a 1,3 euro al litro e in Francia arriva a un massimo di 1,5. Il grafico sottostante mostra quanto le accise gravino sul prezzo finale, per un totale di 0,728 euro, corrispondente a più del prezzo al netto delle imposte, o prezzo industriale. Alle accise si aggiunge l’IVA che, considerata al 22%, determina un ulteriore aumento di 0,284 euro. Riguardo il gasolio, la situazione è sostanzialmente la stessa, anche se le accise sono leggermente più basse, mentre solo per il GPL accise e IVA sommate raggiungono meno della metà del prezzo totale.

foto

Un ultimo fattore determinante la modalità di fissazione del prezzo al consumo interviene ancor prima della fase appena illustrata e ha a che fare con la determinazione dello stesso prezzo industriale. Nel caso della benzina, per esempio, la crisi, e in particolare anche la chiusura di numerose raffinerie in tutta Europa, ha spinto verso l’alto i prezzi di raffinazione in modo tale che, negli ultimi cinque anni, il costo industriale è aumentato del 46%, passando da 0,47 a 0,68 euro al litro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto