Verso una nuova legge elettorale: sarà un Mattarellum 2.0?

[highlight] Si accende il dibattito sulla legge elettorale e sul  possibile ritorno ad un Mattarellum corretto, su cui pendono dubbi di costituzionalità [/highlight]

Le trattative tra le forze politiche sulla nuova legge elettorale sono ormai questione preponderante nel dibattito politico. L'azione di Matteo Renzi va avanti tra  polemiche e spaccature all'interno del Governo e del Partito Democratico, per presentare alla scadenza de27 gennaio una proposta di legge elettorale che dovrà sostituire quello che resta della legge Calderoli, dopo la sentenza della Corte Costituzionale (di cui abbiamo parlato qui)  

Secondo l'ultimo sondaggio Ipr Marketing sui consensi delle forze politiche, se oggi si applicasse il Porcellum modificato dalla Consulta, la Camera dei Deputati sarebbe limitata solo a quattro forze politiche: PD M5S, Fi e Ncd con il Governo Letta senza maggioranza.

Per garantire una competizione elettorale capace di stabilire una maggioranza certa in grado di dare  legittimità politica al Governo per portare avanti le riforme istituzionali di cui il Paese ha bisogno, è importante che si trovi un accordo su una legge elettorale che possa garantire sia la rappresentatività - come stabilito dalla Costituzione - e un certo grado di stabilità.

Nei prossimi giorni cercheremo di analizzare le principali ipotesi al momento in circolazione, a partire dal possibile ritorno al Mattarellum.

Caratteristiche originarie

Nella sua versione originale, fino all'abrogazione del 21 dicembre 2005, questa legge elettorale era caratterizzata da un meccanismo a carattere misto prevalentemente maggioritario e a turno unico. Il sistema prevedeva una doppia scheda per l'elezione della Camera e una scheda per il Senato. La distribuzione dei seggi attribuiva il 75% del totale con criterio maggioritario e il 25% con criterio proporzionale. I seggi da assegnare erano suddivisi innanzitutto su base territoriale: i 630 seggi della Camera erano suddivisi in 27 circoscrizioni regionali o subregionali (ripartiti in base al numero degli abitanti), mentre i 315 seggi senatoriali erano ripartiti su base regionale (ogni regione aveva almeno sette senatori eccetto Molise 2 e Valle d'Aosta 1). Sia alla Camera e sia al Senato i seggi assegnati erano ripartiti con criteri maggioritari e proporzionali.

Ripartizioni maggioritarie e proporzionali

I tre quarti dei seggi maggioritari erano attribuiti in collegi uninominali con la formula plurality a maggioranza relativa (chi prende più voti vince). I seggi proporzionali (77 alla Camera e 143 al Senato) con l'esclusione delle liste che non raggiungevano la soglia di sbarramento del 4% si assegnavano con formule diverse per riequilibrare la rappresentanza in modo da sfavorire chi ottenesse più seggi con l'uninominale. In Senato la ripartizione proporzionale avveniva con il metodo del divisore secondo la formula d'Hondt ed essendoci una sola scheda si poteva partecipare alla ripartizione soltanto se si presentavano candidati nei collegi uninominali. Alla Camera la votazione con due schede distinte permetteva la partecipazione anche alla sola contesa proporzionale (anche se le liste proporzionali dovevano comunque collegarsi ai candidati uninominali) e la ripartizione avveniva in relazione al numero di voti ottenuti a livello nazionale a cui venivano detratti i voti ottenuti nei collegi uninominali (il metodo dello scorporo). I seggi si ripartivano applicando il metodo del quoziente naturale premiando i resti più alti.

Le modifiche

Tra le varie proposte c'è quella di ritoccare la quota di assegnazione del 25% dei seggi con il sistema proporzionale, per assicurare al partito o la coalizione più votati di raggiungere la maggioranza in entrambe le camere (almeno il 55% dei seggi). Non si tratterebbe di un premio di maggioranza ma di una garanzia di governabilità pari al 15% dei seggi. Ci sarebbe poi un diritto di tribuna pari al 10% del totale dei collegi da assegnare con metodo proporzionale ai piccoli partiti. Il sistema sarebbe impostato così secondo una vocazione iper-maggioritaria.

Favorevoli e contrari

Il ritorno alle leggi 276 e 277 ha fatto registrare una spaccatura nel PD e in Forza Italia, divise tra inclinazioni proporzionali e maggioritarie sempre però ispirate al bipolarismo.

Il Movimento 5 stelle si è espresso più volte in merito, ribadendo la necessità di tornare al più presto alle urne e, come ha scritto Luigi Di Maio, Vicepresidente della Camera, sul Blog di Beppe Grillo «ci vuole tornare con la legge elettorale "Mattarella" detta "Mattarellum", quella del 1993 (senza modifiche "ad personam"). Perché è l'ultima legge elettorale votata da un Parlamento legittimo». Posizione, questa, in contraddizione con quanto dichiarato ieri dal guru Gianroberto Casaleggio, che ha respinto le proposte di Renzi e ribadendo che in caso di elezioni anticipate il sistema da adottare sarebbe quello indicato dalla Consulta, quindi un proporzionale (anche se il giudizio del Movimento è sempre subordinato a un eventuale referendum in rete).

L'ipotesi di un ritorno al Mattarelum accoglie il favore anche di Scelta Civica, intenzionata a voler inserire correttivi che possano coniugare insieme maggioritario e proporzionale e un doppio turno (solo eventuale) per assegnare un premio di governabilità, di Sinistra Ecologia e Libertà e Lega Nord. È contrario invece il Nuovo Centro destra.

Critiche

Il sistema negli anni (dopo tre elezioni) è riuscito ad affermare un bipolarismo sostanziale, che si è poi poi arenato con il Porcellum, ma non ha portato a nessuna limitazione della frammentazione in piccoli partiti. Infatti, per aumentare le possibilità di vittoria, le coalizioni garantivano ai partiti minori un certo numero di seggi nella parte maggioritaria uninominale, altrimenti impossibilitati a raggiungere la soglia del 4% al proporzionale. Si creava così la cosiddetta "proporzionalizzazione del maggioritario" (paradossalmente i partiti piccoli ottenevano seggi grazie al maggioritario e non al proporzionale) che ha poi inficiato la stabilità delle maggioranze e dei governi, vittoriosi alle elezioni ma fragili nelle singole legislature.

Vari costituzionalisti hanno osservato, infine, che le correzioni proposte al Mattarellum, finalizzate a ridurre la quota proporzionale della redistribuzione dei seggi, trasformandola in un ulteriore premio di governabilità, potrebbero incorrere in un giudizio di incostituzionalità perché ripeterebbero la distorsione sulla rappresentatività già presente nel Porcellum e bocciata dalla Corte.

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